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Affrancamento: opportunità o nuova bega per i risparmiatori?

Il 1* luglio 2014 segna un nuovo spartiacque nel mondo del risparmio italiano. In ottemperanza degli artt. 3-4 della Decreto Legge 24 aprile 2014 n.66 la tassazione sul risparmio subisce un corposo, seppur relativo, aumento con l’aliquota applicata che passerà dal 20% al 26%. Cosa cambia per gli investitori italiani e quali sono le opzioni a disposizione per non subire passivamente l’ennesima scure sul risparmio delle famiglie?

di Flavio Talarico - 19 Giugno 2014 - 6'

Il 1* luglio 2014 segna un nuovo spartiacque nel mondo del risparmio italiano. In ottemperanza degli artt. 3-4 del Decreto Legge 24 aprile 2014 n.66 la tassazione sul risparmio subisce un corposo, seppur relativo, aumento con l’aliquota applicata che passerà dal 20% al 26%. Cosa cambia per gli investitori italiani e quali sono le opzioni a disposizione per non subire passivamente l’ennesima scure sul risparmio delle famiglie?

Le ragioni del nuovo governo di innalzare la tassazione sulle rendite finanziarie sono di principio giuste. Ridurre la sperequazione sociale intervenendo sui redditi da capitale per alleviare la tassazione sul lavoro è un obiettivo sicuramente encomiabile, ma come abbiamo più volte sottolineato in questo blog, ci sono aspetti controversi che offuscano le motivazioni alla base dell’azione dell’Esecutivo.

In attesa però di vedere se il gioco varrà la candela, i risparmiatori italiani si ritroveranno a fare nuovamente i conti con la nuova tassazione e capire, autonomamente o in compagnia del proprio consulente di fiducia, come affrontarla. Le opzioni sono diverse e variano a seconda delle modalità di investimento scelte. Tuttavia le informazioni a riguardo, per scelta o complessità del tema, se non inesistenti, quantomeno scarseggiano.

Oltre all’aumento dell’aliquota, il D.L. 66/2014 consente di operare un affrancamento sulle eventuali plusvalenze, minusvalenze e altri redditi diversi di natura finanziaria che al 30 giugno 2014 risultano in stato latente, ovvero che non sono ancora state realizzate. Per affrancamento si intende una sorta di cessione figurativa della partecipazione, in quanto questa resta di proprietà del contribuente, che permette di assoggettare i plusvalori all’imposta sostitutiva vigente fino a quel momento. Una procedura introdotta quando cambia il regime fiscale al fine di evitare che l’introduzione di norme meno favorevoli penalizzino eccessivamente il contribuente nella fase di transizione.

Cosa succede dunque e quali attività finanziarie possono usufruire dell’opzione di affrancamento?

  • Per quanto riguarda i titoli di Stato italiani ed esteri ‘white list’e quelli emessi da organizzazioni sovranazionali ad essi equiparati il problema non si pone in quanto l’incremento dell’aliquota non si applica e si mantiene il favorevole carico fiscale del 12,5%.
  • Sonni tranquilli per i risparmiatori che hanno deciso di impiegare i propri capitali in fondi comuni di investimento. Per una volta il legislatore è venuto incontro ai risparmiatori. Un’importante novità infatti introdotta dal Decreto Legge 66/2014 è rappresentata dal fatto che, per le quote dei fondi comuni italiani ed esteri, è previsto una specie di affrancamento automatico. Infatti la norma stabilisce uno specifico regime transitorio in base al quale, in sede di rimborso, cessione o liquidazione delle quote, si applica l’aliquota nella misura del 26% sui proventi realizzati a partire dal 1° luglio 2014, mentre su quelli realizzati dopo questa data ma riferibili a valori maturati fino al 30 giugno 2014 continuerà ad applicarsi l’aliquota al 20%.

Un ‘’automatismo’’ che tuttavia non si applica per le azioni, i bond corporate e, in generale, per tutte le attività finanziarie in regime amministrato per le quali la procedura di affrancamento deve esplicitamente essere richiesta dal contribuente mentre per quelle in regime dichiarativo essa si dovrà attuare obbligatoriamente in relazione a tutti i titoli e strumenti finanziari detenuti al 30 giugno 2014. Il contribuente sarà dunque chiamato a valutare la convenienza della procedura tenendo presente il regime prescelto per la gestione fiscale delle proprie attività finanziarie.

  • L’investitore che operi in regime di risparmio amministrato può dunque scegliere se avvalersi, entro il prossimo 30 settembre, della procedura di affrancamento. Scegliendo tale opzione, il risparmiatore, senza necessità di uscire dall’investimento, pagherà, tramite l’intermediario, un’imposta sostitutiva pari al 20% sulle plusvalenze latenti alla quotazione del 30 giugno 2014, da versare entro il 16 novembre 2014. In questo modo, i guadagni che saranno maturati successivamente verranno tassati al 26%. E’ bene precisare che l’affrancamento è un’opzione che non può essere fatta su un singolo titolo ma sull’intero deposito titoli e che va presa in considerazione solo se si ha intenzione di tenere un portafoglio aperto oltre il 30 giugno 2014. Questa possibilità risulta utile se si vuole sfruttare al meglio le minusvalenze accumulate o per pagare meno imposte sul capital gain potenziale. Se non chiedo l’affrancamento infatti si applicherà il principio di retroattività della tassazione, ovvero quando la posizione verrà chiusa si applicherà l’aliquota al 26% dal momento in cui la posizione è stata aperta.
  • I contribuenti che detengono attività finanziarie e titoli in regime dichiarativo dovranno invece fare i calcoli per il pagamento dell’imposta che poi andrà resa manifesta in sede di Unico 2015 relativo ai redditi del 2014, previo versamento sempre entro il 16 novembre 2014. In questo caso quindi il contribuente è chiamato a operare in autonomia e dovrà ricordarsi di compilare un apposito riquadro nella dichiarazione dei redditi 2015 con riferimento al periodo di imposta 2014.

Il nuovo regime fiscale pone quindi i risparmiatori italiani di fronte a una scelta non facile. Oltre alla generale disinformazione su un argomento complesso, il contribuente si troverà ad affrontare un problema di analisi dell’intero portafoglio per valutare l’effettiva convenienza di avvalersi dell’opzione di affrancamento. In linea generale, in caso di gestioni amministrate, la possibilità di affrancare trova ragione nel caso si abbiano plusvalenze latenti al 30 giugno 2014 onde evitare di pagare in futuro, ovvero quando si deciderà di realizzale, una tassazione più elevata. Discorso diametralmente opposto nel caso di presenza di minusvalenze per cui l’affrancamento diventerebbe, sempre in linea generale, assolutamente svantaggioso. Problema dunque di non semplice soluzione per la specificità di ogni portafoglio.

Ciò che però sembra emergere dalle opzioni a disposizione dei contribuenti è che la possibilità di affrancamento riflette una vera e propria scommessa sul futuro. Al centro della valutazione sarà infatti l’andamento atteso dei mercati e dei titoli specifici in portafoglio. Una nuova bella gatta da pelare dunque per i risparmiatori italiani.

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