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Dipendenti bancari: quando lo stipendio favorisce il conflitto di interessi

Da qui fino a gennaio 2018 le banche si ritroveranno a dover apportare una serie di modifiche delle politiche di remunerazione in modo tale da ridurre i rischi effettivi e potenziali derivanti alla modalità di incentivi alla vendita di prodotti finanziari alla clientela.

di Sofia Pescia - 6 Dicembre 2016 - 5'

In un articolo di questo blog abbiamo analizzato il tema delle nuove linee guida dell’ Eba (l’Autorità Bancaria Europea) sui compensi degli operatori bancari. Purtroppo l’entrata in vigore di queste nuove regole sugli stipendi è stata rimandata al 2018, con la scusa, da parte delle banche, di avere tempo di collaudare i nuovi sistemi di controllo e guida, e di “facilitarne l’implementazione”.

Un vero peccato per i risparmiatori che dovranno aspettare un anno in più (le regole dovevano entrare in vigore il 3 gennaio 2017) per avere maggiori chance di essere tutelati da politiche di remunerazioni che rischiano spesso di incoraggiare la vendita di prodotti che fanno più l’interesse dell’operatore bancario (e dei bilanci delle banche) che del portafoglio dei risparmiatori.

Per capire questo fenomeno, non pensate a vere e proprie truffe: piuttosto a prodotti che prevedono commissioni di collocamento, commissioni di performance asimmetriche, oppure alle interessanti proposte sulle “obbligazioni della casa”, che quasi sempre sono più rischiose e hanno rendimenti inferiori a titoli di stato di pari scadenza (trovate un vasto campionario di esempi nella sezione “Investimenti e prodotti fregatura” di questo blog).

Insomma: tutti i prodotti che consentono alla banca di fare maggiori profitti, e che sono i prodotti più venduti ai risparmiatori italiani.

Da qui al gennaio 2018 le banche si ritroveranno a dover cambiare il modo con cui assegnano la parte variabile dello stipendio (i premi, o bonus) ai propri dipendenti in modo tale da tenere conto dei rischi legati alla modalità di vendita di prodotti finanziari alla clientela. Nello specifico, saranno toccati da questi cambiamenti tutti gli operatori bancari che, a prescindere dal ruolo o dal grado, hanno una relazione con il pubblico.

Lo scopo dell’Eba è quello, appunto, di creare un sistema di remunerazione monetaria e non monetaria tale da non favorire gli interessi della banca, ma, per quanto possibile, quelli dei risparmiatori: in pratica ridurre al minimo il conflitto di interessi che si crea tra l’operatore bancario e il cliente all’atto della vendita del prodotto finanziario.

Molti degli scandali bancari che hanno coinvolto i risparmiatori hanno tra le loro cause il fatto che agli stipendi fissi del personale si aggiungono premi o bonus nel caso in cui i bancari riescano a vendere un determinato prodotto finanziario -che di solito è molto interessante per la banca e poco per il risparmiatore- invece che cercare di capire e soddisfare le reali necessità del cliente.

Inoltre, ad essere danneggiati da queste politiche di remunerazione non sono stati i soli risparmiatori: in alcuni casi queste politiche di remunerazione danneggiano anche le banche.

Da analisi condotte dall’Eba su un campione di circa dieci tra le banche più importanti al mondo, emerge che, dal 2004 al 2015, le cattive condotte nelle vendite di prodotti bancari hanno provocato danni (sotto forma di multe) pari a 210 miliardi di dollari (2,8% dei ricavi di queste banche). Emerge anche che il 40% dei costi degli istituti bancari analizzati deriva da “cattive vendite” ai clienti non-americani.

Ma ad oggi come vengono remunerati gli operatori bancari?

Le strategie degli istituti bancari si focalizzano sul volume totale dei prodotti bancari venduti e offerti ai consumatori. Per raggiungere questi obiettivi, viene assegnato un budget alle filiali e sulla base del raggiungimento di tale budget i dipendenti saranno premiati con un bonus, che si sommerà al loro stipendio fisso. Quindi, almeno in parte, la remunerazione degli operatori bancari si basa sui volumi totali dei prodotti bancari offerti e venduti ai clienti. Il risultato è che ogni operatore è incentivato a proporre ai clienti le tipologie di prodotti a lui assegnate a prescindere dal profilo di rischio e dagli obiettivi del risparmiatore. Come se questo non bastasse, secondo la ricerca dell’EBA, per molti dipendenti la parte di remunerazione variabile non monetaria (promozioni, opportunità di formazione, …) è esclusivamente legata al volume dei prodotti bancari venduti ai clienti.

Vista la rischiosità annessa alle politiche di remunerazione, non è la prima volta che l’Eba tenta di intervenire regolandole. Tuttavia la moltitudine di regolamenti passati è sfociata in un numero di disposizioni separate a seconda della categoria di impiegati o della tipologia di prodotto bancario offerto. Il risultato finale è che queste disposizioni non sono mai state risolutive in termini di soppressione del conflitto di interesse tra operatore bancario e cliente. Proprio per questo motivo l’Eba ha deciso di intervenire con un’unica disposizione che si concentra sulla parte di remunerazione variabile.

Cosa dovranno fare le banche per ridurre i rischi di conflitto di interessi?

Nel definire le politiche di remunerazione, gli istituti dovranno verificare che queste non danneggino i risparmiatori e tenerne in considerazione, nel corso della vendita, delle reali esigenze di investimento dei clienti. Le nuove linee guida dell’Eba avranno una grande portata e andranno a coinvolgere molte categorie di impiegati, per esempio anche le risorse umane che sono preposte all’ideazione e all’approvazione delle politiche di remunerazione.

Se correttamente implementate, dovrebbero condurre a nuove politiche di remunerazioni più trasparenti e tutelanti nei confronti del risparmiatore.

E’ un “se” abbastanza grande, ma almeno la direzione è finalmente quella giusta.

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