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Fine della corsa per i prodotti complessi?

Negli ultimi è progressivamente cresciuto il peso di prodotti di investimento nei portafogli della clientela al dettaglio (retail) prima, di fatto, riservati solo a clienti istituzionali o professionali. Il cosiddetto processo di retailisation ha condotto a un cambiamento profondo nella creazione e distribuzione di prodotti finanziari connotati da profili di complessità, comportando, di conseguenza, una maggiore attenzione da parte delle autorità di vigilanza dei sistemi finanziari.

di Flavio Talarico - 26 Agosto 2014 - 6'

Negli ultimi anni è progressivamente cresciuto il peso di prodotti di investimento nei portafogli della clientela al dettaglio (retail) prima, di fatto, riservati solo a clienti istituzionali o professionali. Il cosiddetto processo di retailisation ha condotto a un cambiamento profondo nella creazione e distribuzione di prodotti finanziari connotati da profili di complessità, comportando, di conseguenza, una maggiore attenzione da parte delle autorità di vigilanza dei sistemi finanziari.

Cos’è un prodotto finanziario complesso? Dalla lettura congiunta dei documenti dell’Esma (European Securities and Markets Authority) e della disciplina Mifid gli elementi emersi che connotano il profilo di complessità di un prodotto finanziario sono: la presenza di elementi opzionali (relativi a uno o più fattori di rischio), condizioni e/o meccanismi di amplificazione dell’andamento sottostante (effetto leva) nella formula di determinazione del pay-off del prodotto; la limitata osservabilità del sottostante e l’illiquidità o la difficoltà di liquidabilità dell’investimento.

L’importanza del tema è andata via via aumentando parallelamente alla crescita costante, negli ultimi sei anni, dell’emissione di nuovi prodotti ‘strutturati’ rivolti alla clientela retail. Nel 2012 il totale di questi prodotti emessi ha superato il milione di unità rispetto alle 175.000 del 2007, per un controvalore di 770 miliardi di euro. Si registra una particolare concentrazione di tali strumenti in determinati mercati: Italia, Germania, Belgio e Francia.

A cosa è dovuto questo aumento? Da una parte, l’ingegneria finanziaria ha certamente fornito negli anni risposte a specifiche esigenze, consentendo l’accesso a classi d’attività finanziarie, segmenti del mercato e strategie di investimento prima non disponibili agli investitori privati in un contesto, come quello attuale, caratterizzato da bassi tassi di interesse che ha incentivato la clientela al dettaglio a ricercare rendimenti, anche attraverso strumenti non tradizionali. Dall’altra, come dimostrato da recenti studi, la complessità non sempre è funzionale agli specifici bisogni della clientela retail, ma spesso è volta a generare una maggiore profittabilità per gli emittenti e i distributori.

Ciò ha però aumentato i rischi, soprattutto in termini di protezione del consumatore. Livelli di complessità elevata nell’offerta di prodotti, infatti, hanno accresciuto le difficoltà di comprensione delle caratteristiche e dei rischi dalle operazioni finanziarie poste in essere inficiando sulla capacità dei risparmiatori di assumere decisioni consapevoli. L’investimento in prodotti complessi, infatti, richiede capacità, conoscenze e attività di monitoraggio spesso non alla portata degli investitori al dettaglio.

Ma quando un prodotto finanziario è talmente complesso da vietarne la vendita o limitarla a certe condizioni? Come evitare che il risparmiatore incorra inconsapevolmente in perdite o si trovi invischiato in prodotti troppo difficili da comprendere? Su queste domande si è interrogata la Consob che lo scorso 28 maggio ha lanciato una consultazione pubblica sul tema conclusasi il 21 luglio, data posticipata dalla precedente deadline del 30 giugno.

Secondo l’Authority, “il gap esistente tra la complessità (alta) della struttura dei prodotti finanziari offerti e la cultura finanziaria (bassa) merita la massima attenzione delle Autorità di vigilanza dei mercati finanziari’’ per proteggere gli investitori e salvaguardare la ‘’fiducia nel sistema finanziario’’.

Nel documento, la Consob propone in primo luogo che gli intermediari si adeguino alle indicazioni presentate dall’Esma in due ‘Opinon’. La prima, del 7 febbraio 2014, evidenzia le specifiche cautele ed i rafforzati presidi organizzativi e di controllo interno che devono essere previsti dagli intermediari per assicurare, in concreto, la cura dell’interesse della clientela nella distribuzione di prodotti complessi. La seconda, del 27 marzo 2014, mostra le attività necessarie che gli intermediari (siano essi produttori o distributori) dovrebbero compiere nelle fasi di ideazione e commercializzazione di tali prodotti, tenendo in considerazione i bisogni e le caratteristiche dei propri clienti.

Nelle intenzioni della Commissione, si dovrebbe delineare un perimetro di offerta di prodotti finanziari, costituito da due elenchi stilati dalla stessa Consob, coerente con il target e le esigenze della clientela, lasciando la distribuzione di prodotti a complessità più elevata solo nell’ambito dei servizi di consulenza evoluta. Inoltre, particolare enfasi verrà posta sul piano dell’informativa alla clientela in relazione all’evidenziazione dei costi impliciti dei prodotti per evitare che questi vengano addebitati a risparmiatori inconsapevoli.

L’alto numero di risposte ricevute dalla Consob, circa una quarantina per il Sole 24Ore per un totale di 350 pagine, che verranno pubblicate tra settembre e ottobre, mostra come l’argomento sia sensibile e per nulla declinato nella prassi. Ecco perché è possibile che la Consob dia indicazione sulle modalità e sulla tempistica per adeguarsi alle raccomandazioni che l’Authority fornirà su questi temi.

Al momento siamo ancora alle buone intenzioni. Come queste verranno messe in pratica resta ancora da vedere. Ecco perché continueremo ad aggiornarvi su questa importante iniziativa volta a limitare (se non alle volte a proibire) la diffusione di strumenti finanziari e attività pregiudizievoli per la tutela degli investitori, l’ordinato funzionamento e l’integrità dei mercati e la stabilità dell’intero sistema finanziario, o perlomeno di una sua parte.

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