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Il decreto salva italia non salva i risparmiatori italiani

Con il decreto “Salva Italia” del Dicembre 2011, il Governo ha introdotto una serie di misure urgenti per rimettere in sesto i conti pubblici. In uno Stato in cui diventa sempre più difficile tassare il reddito, sono state introdotte 3 imposte patrimoniali che, in definitiva, vanno a tassare il patrimonio invece del reddito.

di Elisabetta Villa - 9 Aprile 2013 - 5'

Con il decreto “Salva Italia” del Dicembre 2011, il Governo ha introdotto una serie di misure urgenti per rimettere in sesto i conti pubblici. In uno Stato in cui diventa sempre più difficile tassare il reddito, sono state introdotte 3 imposte patrimoniali che, in definitiva, vanno a tassare il patrimonio invece del reddito.

In Italia, il Prodotto Interno Lordo (PIL) è diminuito in termini reali del 7% tra il 2008 e il 2012 mentre il debito pubblico aumenta di anno in anno: diventa quindi sempre più difficile e controproducente tassare i redditi e i consumi già oberati da livelli d’imposizione molto elevati. Il Governo, incapace di tagliare i costi in modo significativo e avendo necessità di rimpinguare le casse statali, ha introdotto una serie di tributi sulla ricchezza mobiliare ed immobiliare. Tributi che però non dovrebbero essere richiesti se non in modo straordinario, in quanto si presuppone che la ricchezza derivi da risparmi accumulati, cioè da redditi già tassati a loro tempo.

Lo Stato aggredisce, in misura via via più intensa, i patrimoni delle famiglie. Oggi si delineano nel panorama tributario italiano tre imposte che, in qualche modo, gravano sul patrimonio: la nuova TARES, l’imposta di bollo e l’IMU: tutte e tre queste imposte sono ricorrenti, non una tantum.

1 – La Tariffa Rifiuti e Servizi. Gettito stimato 2013: 8 miliardi di euro

La TARES servirà, da un lato a coprire il costo dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e, dall’altro a pagare i servizi indivisibili come la manutenzione stradale, l’illuminazione e la polizia municipale e sarà commensurata alle dimensioni degli immobili ed al numero dei componenti familiari. Come scrivono giustamente Massimo Fracaro e Nicola Saldutti nel Corriere della Sera del 5 Aprile 2013, la TARES è una forma tributaria ibrida costituita da una tassa ed un’imposta. Una tassa è il corrispettivo versato da una persona in relazione alla prestazione di un servizio pubblico caratterizzato dalla divisibilità, cioè dalla possibilità di essere fornito ad un singolo soggetto. Un’imposta, invece, non ha relazioni con lo svolgimento di un servizio o un’attività specifica divisibile e finanzia quindi indistintamente il funzionamento dello Stato o di una collettività. La TARES unisce, quindi, ad una tassa per prestazione di servizio divisibile un’imposta per servizi indivisibili: che cos’è un prelievo legato alla dimensione degli immobili se non una (nuova) patrimoniale mascherata ?

2 – La Patrimonialina. Gettito stimato 2013: 4,7 miliardi di euro

Con l’imposta di bollo si è istituita una gabella incostituzionale che colpisce iniquamente i risparmiatori erodendo il patrimonio. Vista la cadenza annuale dell’imposta si rischia di erodere in parte o per interoanche il reddito generato dal capitale investito. L’imposta è quindi regressiva ed iniqua perché tassa patrimoni uguali in modo diverso. Ad esempio:

a) Nell’ambito dello stesso strumento finanziario: un patrimonio di €100.000 investito in un conto di deposito pagherà annualmente lo 0,15%, ovvero €150. Lo stesso patrimonio investito in dieci conti da €10.000 pagherà invece dieci volte €34,20 ovvero €342 (cioè lo 0,342%).

b) Nell’ambito di strumenti differenti: un patrimonio di €100.000 in un conto corrente pagherà ‘solo’ €34,20, se invece fosse investito in un fondo d’investimento pagherà lo 0,15% ovvero €150.

c) L’imposta è anche regressiva perché tassa con aliquote più alte patrimoni più bassi: un patrimonio di €1.000 investito in BTP pagherà un’imposta di €34,20, pari al 3,42%; un patrimonio di €100.000 pagherà €150 cioè lo 0,15%.

3 – L’IMU. Gettito 2012: 23,7 miliardi di euro. Gettito stimato 2013: circa 20 miliardi di euro

Essendo basata quasi esclusivamente su dati catastali incoerenti tra di loro ed aggiornati secondo criteri talvolta disomogenei, anche l’imposta municipale genera una forte distorsione: come tutti sanno, non vi è coerenza fra le rendite catastali né a livello nazionale, né a livello dei singoli comuni.

Secondo la relazione al Parlamento (p. 6) del 21 Marzo 2013 del ministro Vittorio Grilli, le entrate tributarie dirette sono stimate per il 2013 a 236 miliardi di euro. Di queste imposte dirette, oltre 32 miliardi di euro (13,6%) derivano dalla moltiplicazione disordinata e confusionale di imposte che in qualche modo vanno a colpire i patrimoni. Si palesa quindi l’incapacità dello Stato di creare un sistema tributario efficiente e trasparente; sembra, invece, che lo Stato sia più preoccupato di prendere i soldi dove e come può piuttosto che strutturare un sistema di tassazione equo ed efficiente.

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