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Il recente crollo delle Borse, che non c’è stato

Se avete dato un’occhiata, anche distratta, ai giornali, avete ascoltato la radio o guardato un telegiornale in questi ultimi due giorni non vi sarà sfuggita una cosa: la Cina ha svalutato la propria moneta, con risultati catastrofici sulle Borse di tutto il mondo.

di Lorenzo Saggiorato - 14 Agosto 2015 - 4'

Se avete dato un’occhiata, anche distratta, ai giornali, avete ascoltato la radio o guardato un telegiornale in questi ultimi due giorni non vi sarà sfuggita una cosa: la Cina ha svalutato la propria moneta, con risultati catastrofici sulle Borse di tutto il mondo.

A leggere infatti i principali quotidiani italiani di questi giorni non ci sono dubbi. Il 13 agosto il Sole 24 Ore, voce più autorevole nel mondo dell’economia e della finanza italiana, titola in prima pagina “Borse a picco dopo il bis cinese”, “Parigi e Francoforte le peggiori, Milano -2,96%”. La notizia non rimane però confinata solo alla stampa di settore. La prima pagina del Corriere della Sera recita “La mossa cinese affonda le Borse”, e non manca di aggiungere il commento d’obbligo in queste situazioni “I listini europei bruciano 227 miliardi”, mentre La Stampa titola “La svalutazione della moneta cinese si abbatte sulle Borse europee”. Insomma, anche se il cittadino medio potrebbe non aver afferrato completamente cosa abbia fatto la Cina, in che misura e perché, gli è molto chiaro l’effetto che questo ha avuto: è stato un terremoto sulle Borse europee e che la finanza, ancora una volta, ha bruciato centinaia di miliardi di euro in un soffio.

Se lo stesso giorno, sempre il 13 agosto, avessimo letto la prima pagina di alcuni tra i principali quotidiani finanziari mondiali, in particolare abbiamo controllato il Financial Times e il Wall Street Journal, rispettivamente il primo quotidiano economico inglese ed americano, del panico generato dalla Cina, del crollo delle Borse e delle centinaia di miliardi andati in fumo non avremmo trovato traccia. Viene sì dato spazio alla implicazioni della politica monetaria cinese ma, dai toni, sembra che la questione non sia la catastrofe che si evince dai quotidiani italiani. Come è possibile?

Il grafico qui sotto riporta l’andamento del FTSEMIB, il principale indice della Borsa di Milano, durante l’ultima settimana. In due giorni Piazza Affari ha perso il 4%. Ha senso dunque gridare al disastro? Se allarghiamo la finestra temporale all’ultimo mese, vediamo come il movimento di questi ultimi giorni non sia poi così straordinario: il valore della Borsa italiana è oggi pressoché invariato rispetto a 30 giorni fa. Se consideriamo poi un orizzonte più lungo, coerente con i tempi di un investimento azionario (quella che dovrebbe essere quindi la prospettiva di un investitore in azioni italiane), notiamo come il livello dei prezzi di queste settimane è vicino ai massimi degli ultimi 5 anni e il listino arriva da una corsa di oltre l’80% dai suoi livelli del 2012.        

Se ripetiamo l’esperimento sulla Borsa di Francoforte, considerando l’indice DAX, l’evidenza è ancora più eclatante.

 

Insomma, del crollo dei mercati provocato dal panico per la crisi cinese e per la guerra valutaria, non c’è (ad oggi) alcuna traccia nell’andamento delle Borse europee. La notizia della catastrofe in Borsa era insomma una non notizia. Prova ne è che la versione online dello stesso Sole 24 Ore nel pomeriggio dello stesso giorno scriveva “Borse, l’Europa rimbalza, è Milano la migliore”. Viene quindi da chiedersi quale sia il servizio che la stampa fa al cittadino e al risparmiatore scegliendo sempre toni sensazionalistici quando parla dei mercati finanziari, commentando di continuo il movimento dei prezzi della singola giornata, enfatizzando sempre le correzioni al ribasso, quelle che bruciano i miliardi, ma non le chiusure al rialzo, quelle che generano ricchezza nelle tasche dei risparmiatori.

Se la stampa ha semplicemente bisogno di rendere più attraenti le “notizie”, il risultato di questi titoli può essere estremamente dannoso per i risparmiatori. È infatti abitudine diffusa quella di decidere come investire o disinvestire i risparmi inseguendo le notizie, il che porta spesso a entrare sul mercato dopo che i prezzi sono saliti e a uscirne dopo una correzione

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