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PIR: è meglio una gestione attiva o passiva?

Per investire in PIR è meglio una gestione attiva o passiva? Un recente studio condotto da Intermonte Advisory e Gestione non lascia dubbi al riguardo.

di Piero Cingari - 2 Ottobre 2017 - 5'

Torniamo a parlare dei PIR (Piani Individuali di Risparmio), ma questa volta attraverso un dilemma ricorrente nel mondo del risparmio gestito. Tanto si è detto e scritto, infatti, sull’eterna rivalità che riguarda la gestione attiva e passiva in tema di investimenti.

Da un lato, i difensori della gestione attiva sostengono che è possibile sovraperformare rispetto al mercato di riferimento. Dall’altro, chi fiancheggia una gestione passiva (o indicizzata) crede che sia impossibile battere sistematicamente il mercato al netto dei costi.

Mai fino ad ora però questa spinosa questione era stata affrontata sui PIR, l’oggetto del desiderio dei risparmiatori italiani. Infatti, vale la pena ricordare che, nel rispetto di alcuni vincoli, i PIR permettono l’esenzione totale dalle imposte sui rendimenti generati dall’investimento nonché dalla tassa di successione.

Per investire in PIR è meglio una gestione attiva o passiva?

Nel 2017, i fondi PIR a gestione attiva battono con largo scarto i rivali dei fondi PIR indicizzati ed ETF. A dimostrarlo è un recente studio condotto dagli analisti di Intermonte Advisory e Gestione. Le performance dei fondi PIR a gestione attiva sono state nettamente migliori di quelle degli ETF PIR.

· In un orizzonte di 6 mesi tutti i 9 fondi PIR attivi analizzati hanno battuto l’ETF ITAMID con una sovraperfomance media pari al +3,2%

· In un orizzonte di 3 mesi tutti i 10 fondi PIR attivi analizzati hanno battuto l’ETF ITAMID con una sovraperfomance media pari al +1,1%.

· In un orizzonte di 3 mesi, il fondo PIR attivo “AcomeA Italia” ha più che raddoppiato le performance dell’ ETF ITAMID.

Ecco la tabella che riassume i risultati della ricerca di Intermonte:

Ma perché i PIR a gestione attiva battono gli Etf?

I PIR si dimostrano un terreno di gioco ideale per lo stock picking, e cioè quell’approccio basato su un’accurata selezione di titoli in portafoglio.

Nell’universo delle small e mid-cap italiane, i fondi indicizzati e gli ETF mostrano invece un loro punto debole. La replica degli indici, con una maggiore ponderazione sui titoli più liquidi non aiuta di certo a cogliere le potenzialità di un mercato molto diversificato.

Secondo gli analisti di Intermonte, il gap tra la gestione attiva e passiva nei PIR è destinato ad ampliarsi. La crescente offerta di IPO favorirebbe ancor di più quelle strategie di gestione attiva che vanno alla ricerca di valore nei titoli meno capitalizzati.

Qual è il fondo PIR che costa meno?

Smarcata la questione dello stile di gestione più adatto per investire in PIR, è opportuno domandarsi quali sono i PIR meno costosi sul mercato.

Per rispondere abbiamo utilizzato l’innovativo servizio Angel Costi che consente di confrontare costi e qualità dei fondi comuni in Italia. Questa tabella riporta le spese correnti* dei PIR a gestione attiva analizzati dallo studio di Intermonte.

Come si evince dai risultati, il fondo AcomeA Italia mostra le spese correnti annue più basse (0,91%) tra i PIR a gestione attiva. A seguire, ci sono i fondi Zenit Pianeta Italia (1,21%) e Arca Economia Reale Equity Italia (1,418%). Fanalino di coda in questa classifica, il fondo Piano Azioni Italia di Fideuram (2,2%).

Per il piccolo risparmiatore è importante quindi comprendere che i costi e lo stile di gestione rappresentano due degli aspetti più rilevanti da tenere in considerazione per un investimento.

E, a tal riguardo, i PIR non fanno eccezione.

* Le spese correnti sono i costi sostenuti dal sottoscrittore del fondo durante l’anno. Sono incluse le commissioni di gestione, collocamento, banca depositaria, di servizio. Sono escluse le commissioni di performance ed eventuali commissioni di ingresso e uscita.

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