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Quanto risparmiano gli italiani in prodotti gestiti?

Dal 2014, gli italiani hanno investito oltre 300 miliardi di euro in prodotti gestiti.
Gli obbligazionari rimangono la categoria di fondi più scelta mentre crolla la preferenza per i monetari. Quali sono le prospettive per i prossimi tre anni?

di Piero Cingari - 6 Ottobre 2017 - 3'

Dal 2014, gli italiani hanno investito oltre 300 miliardi di euro in prodotti gestiti (Fondi comuni, Gpi, Polizze vita e Fondi pensione). L’aumento è avvenuto a discapito degli investimenti in titoli di debito (pubblici e bancari), penalizzati da una bassa redditività e dai cambiamenti regolamentari. E’ quanto emerge dall’indagine Prometeia-Ipsos 2017 sul Risparmio degli italiani.

Le motivazioni che portano alla scelta di un prodotto gestito riguardano in primo luogo la diversificazione (36%) e la necessità di ridurre i rischi di singoli investimenti (30%). Cresce inoltre l’incentivo di ottenere vantaggi fiscali (16%), sulla scia della recente introduzione dei PIR.

Nel secondo trimestre del 2017, il totale del patrimonio gestito degli italiani ha superato la cifra di 1000 miliardi di euro.

Investimenti in prodotti gestiti e motivazioni al risparmio

Fonte: Indagine Prometeia-Ipsos

Quali sono le categorie di fondi comuni più scelte dagli italiani?

Gli obbligazionari rimangono la categoria di fondi più gettonata dagli italiani, nonostante la loro quota sia scesa dal 52% al 42% negli ultimi cinque anni. Prosegue la corsa dei fondi flessibili, trainati notevolmente dalla diffusione dei fondi a finestra e a cedola. Crolla la quota dei monetari, sfavoriti dal bassissimo livello dei tassi d’interesse, mentre rimane stabile quella degli azionari.

Quali sono le prospettive per i prossimi tre anni?

Secondo le stime di Prometeia, a fine 2019 i prodotti gestiti costituiranno un terzo del portafoglio di investimenti finanziari delle famiglie.

Gli investimenti in questo tipo di prodotto aumenteranno grazie alle prospettive positive sulla crescita economica globale. A livello mondiale, infatti, si stima una crescita del PIL pari al 3,7% mentre in Italia sarà notevolmente più contenuta. Inoltre, la lenta e graduale risalita dei tassi di interesse nell’eurozona non sarà tale da favorire un maggior flusso di investimenti in titoli di debito.

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