Rimani sempre aggiornato

Per te, ogni due settimane, una selezione dei migliori articoli del blog.

Informativa ai sensi dell'articolo 13 del D.lgs. 196/03

Seguici

Competitività, questa sconosciuta

La competitività italiana resta ferma al palo. Questo l’amaro verdetto espresso dal Global Competitiveness Report 2014-2015 elaborato dal World Economic Forum. Il Bel Paese conferma il 49* posto sui 144 Paesi presi in esame dal report e si vede superata rispetto allo scorso anno da Lettonia (42*) e Portogallo (36*). Meglio di noi Paesi come Panama, Mauritius, Oman, Bahrain e Azerbaijan.

di Alessandro Leozappa - 5 Settembre 2014 - 5'

La competitività italiana resta ferma al palo. Questo l’amaro verdetto espresso dal Global Competitiveness Report 2014-2015 elaborato dal World Economic Forum. Il Bel Paese conferma il 49* posto sui 144 Paesi presi in esame dal report e si vede superata rispetto allo scorso anno da Lettonia (42*) e Portogallo (36*). Meglio di noi Paesi come Panama, Mauritius, Oman, Bahrain e Azerbaijan.

Cosa si intende per competitività? In generale ci stiamo riferendo alla capacità di un’azienda di offrire beni e servizi concorrenziali, ovvero in grado di rimanere in un dato mercato reggendo la concorrenza. Il concetto è estendibile alla concorrenza internazionale tra imprese, tra settori economici o anche tra economie nazionali. In questo caso, si può definire un’economia competitiva quella che presenta una crescita elevata e sostenuta della produttività.

L’attenzione posta sull’importanza della competitività non è nuova nel dibattito economico ma negli ultimi anni ha stimolato maggiormente l’attenzione di coloro che si occupano di analizzare i trend economici, siano essi studiosi della materia o decisori politici. In un’epoca di globalizzazione e internazionalizzazione dei mercati infatti, la spinta al continuo confronto e valutazione delle performance ha portato a un cambiamento dell’ottica con cui si guarda alla competitività, non più solo circoscritta all’analisi delle imprese e dei loro mercati di riferimento, ma anche, se non soprattutto, a valutare il trend di crescita di un Paese.

Secondo il Global Competitiveness Report la competitività di uno Stato è data dall’insieme delle istituzioni, delle politiche e dei fattori che ne determinano il livello di produttività. Sono undici le variabili prese in esame dagli studiosi del World Economic Forum. Si va da un’analisi delle istituzioni, delle infrastrutture, del contesto macroeconomico, della salute e della scolarizzazione della popolazione,  a quella dell’efficienza del mercato del lavoro, al livello tecnologico, di innovazione e agli sviluppi del mercato finanziario.

E’ quindi dal combinato disposto di questa serie di variabili – chiamati ‘pilastri’ nel report –  che esce fuori l’immagine di un’Italia bloccata da un peggioramento del funzionamento della macchina statale, dovuto a una scarsa efficienza sia dell’Esecutivo sia del sistema giudiziario. Tra i principali fattori che incidono sul preoccupante contesto macroeconomico: il peso dell’enorme debito pubblico (l’Italia si colloca al 139* posto in questo particolare aspetto) e un mercato del lavoro, tra i più rigidi al mondo (136*), che non solo ostacola la crescita dell’occupazione, ma rende anche più difficile attrarre talenti (128*) e fare un uso efficiente di quelli già a disposizione (121*).

Un Paese in cui il tessuto imprenditoriale, notoriamente composto da piccole e medie imprese, continua a soffrire delle difficoltà di accesso al credito (139*). Questo, insieme all’elevato livello di tassazione (134*), impatta negativamente sulla capacità di investimento delle aziende. E’ sempre più difficile quindi fare business in Italia e il quadro completo dei motivi è ben riportato nel grafico qui sotto.

Cosa fare allora? Sicuramente il problema della scarsa competitività non può essere risolto dal giorno alla notte con una bacchetta magica. Basti pensare agli annosi e atavici problemi del debito pubblico e della giustizia in Italia. Quello però da cui partire sono gli aspetti positivi del Paese. Già perché non ci sono solo quelli negativi.  Le basi per un balzo della competitività del paese esistono e sono la sua sofisticata comunità industriale, il suo ottimo potenziale di innovazione e il grande e diversificato mercato in cui metterla in pratica.

Di recente, il governo Renzi ha visto tradotti in legge due importanti decreti in materia di competitività. Il primo è il D.L. 66/2014 ‘Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale’ (si quello famoso del controverso innalzamento dell’aliquota sulle rendite finanziarie), il secondo è il D.L. 91/2014 che alcuni hanno ribattezzato ‘Decreto competitività’ che tra le principali disposizioni prevede il rilancio e lo sviluppo delle imprese anche attraverso misure in favore delle emissioni di obbligazioni societarie e dell’accesso al credito. Due azioni importanti che come dice il report ‘’se implementate correttamente, potrebbero aiutare il Paese ad affrontare alcune debolezze e consentire all’Italia di far leva sulle proprie forze competitive”.

Ancora una volta dunque ci si ritrova a dover commentare brutte notizie per il sistema Italia e a confidare nel buon esito delle politiche attuate dal Governo. Già, confidare nelle azioni dell’Esecutivo. Ma quanta ne è rimasta di fiducia agli italiani in quello che si fa nei palazzi del potere? Poca, anzi pochissima dato che alla voce ‘fiducia nei confronti dei politici’ gli italiani si collocano al 139* posto.

Rimani sempre aggiornato

Per te, ogni due settimane, una selezione dei migliori articoli del blog.

Informativa ai sensi dell'articolo 13 del D.lgs. 196/03