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Consob contro i prodotti complessi: un buon primo passo

“Consob raccomanda agli operatori di astenersi dall'offerta e dal collocamento presso il retail di alcuni strumenti finanziari a complessità molto elevata, spesso opachi e poco comprensibili per i piccoli risparmiatori”.

di Alessandro Leozappa - 3 Luglio 2015 - 4'

“Consob raccomanda agli operatori di astenersi dall’offerta e dal collocamento presso il retail di alcuni strumenti finanziari a complessità molto elevata, spesso opachi e poco comprensibili per i piccoli risparmiatori”.

Questo è il risultato di una consultazione avviata un anno fa da Consob sulla vendita di prodotti finanziari complessi ai piccoli risparmiatori (clientela retail). La posizione forte presa dalla commissione di vigilanza può essere considerato un passo importante nella tutela del piccolo risparmio. L’esigenza di Consob, e prima ancora di ESMA (l’autorità europea per i mercati), di studiare il tema è frutto di una rapida diffusione negli ultimi anni di strumenti complessi tra i risparmiatori.

Da un lato le banche hanno avuto convenienza a vendere questi titoli, soprattutto prodotti strutturati, perché particolarmente remunerativi. Dal lato della domanda il livello di bassi tassi di interesse ha spinto molti risparmiatori a cercare rendimenti migliori in strumenti più rischiosi. Queste spinte hanno portato al fenomeno della vendita di questi prodotti, rivolti in origine ad investitori istituzionali o comunque evoluti, alla clientela privata, tramite gli sportelli bancari.

Da una ricerca condotta da ESMA sulla diffusione di prodotti strutturati tra i clienti retail in Europa emerge un dato impressionante per l’Italia: il mercato dei prodotti strutturati nel nostro Paese ammontava a fine 2012 ad oltre 200 miliardi di euro, pari a quasi il 30% del mercato europeo. L’Italia è inoltre il paese in Europa in cui la diffusione di prodotti strutturati nei portafogli delle famiglie è stata più rapida, passando dal 4% del 2007 ad oltre il 6% nel 2011.

L’inadeguatezza dei prodotti complessi come strumenti finanziari per i piccoli risparmiatori non deriva necessariamente da una loro maggiore rischiosità. Il prodotto complesso è infatti definito tale alla luce della sua struttura poco trasparente. Diventa quindi molto difficile per il risparmiatore capire a quali rischi si sta esponendo.

I prodotti complessi non sono necessariamente strumenti sbagliati in sé. Difficilmente però si può sostenere che siano dei prodotti adatti alle esigenze di risparmio e investimento di una famiglia. Molta dell’attenzione delle indicazioni di Consob si è, non a caso, indirizzata verso il controllo del conflitto di interessi che spinge gli intermediari a vendere prodotti remunerativi, anche magari spinti da uno specifico incentivo, a discapito delle necessità del cliente.

Per queste ragioni non possiamo che augurarci che le indicazioni di Consob siano recepite rapidamente. Bisognerebbe però evitare che questa presa di posizione sia frammentaria: la casistica di prodotti finanziari remunerativi per l’intermediario e venduti alla clientela retail senza che questa ne capisca del tutto il funzionamento non si esaurisce purtroppo ai prodotti che sono stati identificati come complessi. Tra i casi più lampanti vi sono ad esempio i titoli ad elevata leva finanziaria e i fondi a cedola con la finestra di collocamento. I primi (per la verità interessati anche dalla nota sui prodotti complessi) potrebbero indurre a perdite superiori all’ammontare dell’investimento. I secondi invece presentano una struttura molto poco trasparente in termini di pagamento della cedola, che potrebbe in realtà costituire un rimborso di capitale, e di applicazione delle commissioni di collocamento, simili a quelle di ingresso ma rese invisibili ai sottoscrittori.

Insomma, c’è da sperare che l’attenzione che le autorità hanno rivolto ai prodotti complessi non sia un caso isolato ma sia parte di un’azione organica e ampia, volta davvero a tutelare il piccolo risparmiatore.

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