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Dietro la crisi dei bancari italiani il timore di una nuova stretta creditizia

Nonostante il recupero odierno, abbiamo assistito a ribassi pesanti sulle Borse europee, un mercoledì nero soprattutto per l'Italia: - 4,8% a Piazza Affari. Ma a livello governativo si continua a sostenere che, nonostante tutto, questo sia il tempo giusto per gli investimenti in Italia. Sarà vero?

di Lorenzo Saggiorato - 21 Gennaio 2016 - 3'

Nonostante il recupero odierno, abbiamo assistito a ribassi pesanti sulle Borse europee, un mercoledì nero soprattutto per l’Italia: – 4,8% a Piazza Affari. Il titolo Monte dei Paschi Mps è crollato di un ulteriore 22%, malgrado fosse ancora in vigore il divieto di vendita allo scoperto imposto dalla Consob. Ormai la banca senese ha la capitalizzazione più piccola tra le società del Ftse Mib: 1,5 miliardi di euro. Gli altri titoli bancari hanno fatto meglio, ma sempre malissimo: Banco Popolare -10,8%, Unicredit -7,7%, Intesa San Paolo -5,5%.

A fronte di questa debacle sui mercati a livello governativo si continua a sostenere che, nonostante tutto, questo sia il tempo giusto per gli investimenti in Italia, anche se ad un osservatore imparziale questa affermazione potrebbe sembrare non del tutto condivisibile.

Foss’anche per questa semplice ragione: la crisi finanziaria avrà dirette ripercussioni sull’andamento dell’imprenditoria nazionale, così come l’andamento delle imprese lo ha avuto sulla crisi finanziaria, causando l’accumulo di quei crediti deteriorati che sono oggi il problema che mina la sostenibilità dell’intero sistema creditizio del nostro Paese.

Da noi è alle banche che solitamente ci si rivolge per chiedere il finanziamento di un progetto, non ai mercati. E se il progetto va male, quei crediti diventano un debito da ascrivere a bilancio il cui rientro si perde in un imprecisato tempo a venire. Ad oggi i prestiti bancari non rimborsati dalle aziende italiane ammontano a 288 miliardi di euro, quelli non rimborsati dalle famiglie quasi a 60. Ed una soluzione per risolvere questo problema ancora non si è trovata. Si parla di costituire una bad bank pubblica che assolva questo compito, ma di certezze al momento non ce ne sono. E, come tutti sanno, il peggior nemico dell’investitore è proprio l’incertezza.

L’unica cosa certa è che in questa situazione la stretta creditizia sull’impresa italiana, e specialmente la piccola impresa – in un primo tempo dovuta a restrizioni di spesa imposta dall’Europa – non potrà che aumentare, con tutte le conseguenze peggiorative del caso (vedi grafico). Dal 2009 a fine 2014 solo le prime banche quotate hanno ridotto i prestiti di 120 miliardi. Poi, nella primavera dello scorso anno, le erogazioni alle imprese sono leggermente aumentate. Ma ora questa “stangata” borsistica potrebbe aver messo fine ad ogni speranza di ripresa economica dietro l’angolo.

Fonte: BCE – Il grafico mostra le curve di variazione annuale del credito alle imprese nell’area Euro. Potete osservare come il credit crunch (linea verde chiaro) sia stato in Italia più severo che altrove.

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