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Ecco perché la ricchezza degli italiani non cresce

Siamo talmente sopraffatti dalle disastrose notizie economiche provenienti dal nostro paese che facciamo fatica a renderci conto che ci sono anche in Italia realtà aziendali che crescono e che ci sono altri paesi in cui la crisi è stata ampiamente riassorbita.

di Alessandro Leozappa - 30 Settembre 2014 - 5'

Siamo talmente sopraffatti dalle disastrose notizie economiche provenienti dal nostro paese che facciamo fatica a renderci conto che ci sono anche in Italia realtà aziendali che crescono e che ci sono altri paesi in cui la crisi è stata ampiamente riassorbita. Una misura di questa realtà è fornita dall’andamento delle Borse. Durante il 2013 l’indice azionario mondiale (MSCI World) ha guadagnato oltre il 22% tra andamento dei prezzi e distribuzione di dividendi, mentre l’indice delle principali 500 aziende statunitensi ha guadagnato il 26%. Anche nell’annaspante Italia, la Borsa ha registrato un andamento tutt’altro che deludente, con una performance dell’indice principale del 20% nel corso del 2013.

In questo contesto, l’Allianz Global Wealth Report 2014 analizza l’evoluzione della ricchezza finanziaria nel mondo. Dalla ricerca emerge che globalmente durante il 2013 si è avuta una rivalutazione consistente della ricchezza finanziaria di quasi il 10%. A trainare questa dinamica sono stati i paesi emergenti, soprattutto la Cina, ma anche tra i paesi sviluppati le famiglie hanno visto un incremento del valore dei propri patrimoni del 12% negli USA, del 8% in Spagna e del 4% in Germania, giusto per fare qualche esempio. Non tutti però sono stati in grado di sfruttare a proprio vantaggio il buon andamento dei mercati. Le famiglie italiane vedono un aumento del valore della propria ricchezza finanziaria pari appena al 2,1%.

Il report di Allianz dedica anche particolare importanza alla distribuzione della ricchezza finanziaria nei diversi paesi, evidenziando dinamiche eterogenee. Nel nostro paese si osserva però un aumento nella disuguaglianza della ricchezza finanziaria nel periodo considerato.

Ci sono evidentemente alcune peculiarità del sistema Italia che limitano la crescita della ricchezza finanziaria e la partecipazione della famiglie agli andamenti dei mercati.

Vi è innanzitutto un dato pesante estremamente legato alla difficile situazione dell’economia reale del nostro paese, ossia la contrazione del tasso risparmio. Negli ultimi anni le famiglie hanno ridotto sempre di più la quota di reddito destinata a risparmio e in molti casi hanno intaccato le riserve accumulate precedentemente per far fronte alle evenienze.

Pur essendo rallentata la velocità di accumulazione di risparmio, le famiglie italiane detengono ancora un buon livello di ricchezza privata (tra ricchezza reale e finanziaria). Sorge quindi spontaneo chiedersi dove sia investita questa ricchezza e perché abbia fruttato nel 2013 solo una piccola frazione di quanto avvenuto a livello globale e in paesi economicamente vicini. La risposta è proprio che, in larga misura, in Italia il denaro non sia investito ma semplicemente parcheggiato. È figlia di questa impostazione la sproporzione di liquidità che domina nella gestione delle finanze, così come la scelta di esporsi sui mercati con orizzonti temporali di molto inferiori a quello che sarebbe razionalmente consigliabile. Un altro dato da notare è la passione degli italiani per gli investimenti immobiliari, non solo per quanto riguarda la scelta di vivere in una casa di proprietà, ma nel ritenere il mattone il miglior investimento possibile. Gli anni recenti hanno messo in crisi il dogma del continuo apprezzamento degli immobili, il che, unito alla illiquidità del mercato immobiliare potrebbe aver indebolito la volontà di acquistare immobili ad ogni costo.

Una combinazione di questi fattori fa sì che le famiglie italiane non siano in grado di ancorare la crescita dei propri risparmi all’andamento dell’economia globale. L’aumento della disuguaglianza della ricchezza finanziaria suggerisce che solo le fasce più abbienti investono e partecipano ai rialzi dei mercati, il che va a disegnare una società sempre più polarizzata.

Ogni famiglia e ogni individuo può tuttavia prendere piccoli accorgimenti per uscire da questa situazione. Bisogna innanzitutto osservare come sia infondato il pregiudizio per cui solo chi ha tanti soldi possa investire i propri risparmi. Esistono oggi diversi strumenti finanziari diversificati acquistabili con importi minimi molto contenuti, e senza dover sostenere i costi di un dossier titoli (che sempre più istituti offrono gratuitamente). È poi fondamentale non rifuggire il rischio ad ogni costo, perché nel caso del nostro paese sarebbe più appropriato parlare di terrore per il rischio piuttosto che di avversione al rischio. È infatti solo attraverso una consapevole e ragionata esposizione al rischio, che si può sperare di ottenere guadagni sui propri investimenti. Se l’Italia riuscisse nei prossimi anni ad aumentare la quota di famiglie che investono nei mercati finanziari, non avendo più solo il brevissimo termine come orizzonte temporale dell’investimento e prevedendo una quota di azioni nel portafoglio, gli anni prossimi potremmo non essere più il fanalino di coda della classifica e soprattutto le famiglie avrebbero un sostegno dato il difficile cammino dell’economia reale.

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