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I problemi della Grecia stanno nascondendo quelli italiani? Il punto del Financial Times

Dopo il risultato del referendum il mondo continua a osservare la Grecia. All’infuori del ciclone greco la situazione in Europa sembra tranquilla. Un recente articolo del Financial Times mette in guardia da questa calma apparente che potrebbe nascondere forti rischi per la Francia e l’Italia.

di Una finestra sul mondo - 7 Luglio 2015 - 5'

Dopo il risultato del referendum il mondo continua a osservare la Grecia. All’infuori del ciclone greco la situazione in Europa sembra tranquilla. Un recente articolo del Financial Times mette in guardia da questa calma apparente che potrebbe nascondere forti rischi per la Francia e l’Italia. Riportiamo di seguito l’articolo.Secondo John Maynard Keynes “le attese non si realizzano mai, solo le sorprese”. Ossessionati dai problemi relativi alla Grecia e alla periferia europea, i mercati finanziari stanno ignorando i rischi crescenti provenienti dai grandi paesi europei, soprattutto Italia e Francia.

Italia e Francia devono affrontare rilevanti problemi di debito elevato, crescita lenta, disoccupazione, finanze pubbliche fragili, mancanza di competitività e incapacità di portare avanti le riforme necessarie. La riduzione dei costi dell’energia unita ai costi di finanziamento contenuti e ad un euro più debole, sulla scorta delle azioni della Banca Centrale Europea, non possono nascondere per sempre problemi radicati e irrisolti.

Il debito totale dell’economia italiana (composto dal debito pubblico, delle famiglie e delle imprese) è pari a circa il 259% del Prodotto Interno Lordo (PIL), cresciuto del 55% rispetto al 2007. Lo stesso debito per la Francia è pari a circa il 280% del PIL, aumentato dal 2007 del 66%. Questo dato non tiene conto delle pensioni non ancora coperte, delle obbligazioni sanitarie e degli impegni legati ai salvataggi nell’euro zona.

L’Italia ha un deficit di bilancio del 2,9%. Il debito pubblico ammonta a 2.100 miliardi di euro, o al 132% del PIL. Il debito pubblico francese è appena sopra i 2 mila miliardi, al 95% del PIL. L’attuale deficit di bilancio è pari al 4,2% del PIL. Il bilancio francese non è stato in pareggio per un solo anno dal 1974 ad oggi.

L’economia italiana si è ridotta di circa il 10% dal 2007 e il paese sta vivendo la terza ricaduta consecutiva in recessione. La disoccupazione supera il 12% e quella giovanile è oltre il 44%. La crescita del PIL in Francia è anemica, il tasso di disoccupazione sopra il 10%, con quella giovanile al 25%.

L’andamento del commercio è fiacco. Il surplus delle partite correnti dell’Italia, al 1,9% del PIL, riflette più il deterioramento dell’economia domestica che un exploit delle esportazioni. La Francia ha un deficit delle partite correnti pari allo 0,9% del PIL, frutto della perdita di quote di mercato a livello globale.

I problemi di Francia e Italia sono strutturali, più che attribuibili alla crisi del debito europea. Gli alti salari, i mercati del lavoro rigidi, una spesa per welfare generosa, un settore pubblico ingombrante e una regolamentazione del commercio restrittiva sono temi cruciali.

Nella graduatoria della competitività del World Economic Forum, l’Italia e la Francia si sono collocate rispettivamente al 49esimo e 23esimo posto, molto più indietro della Germania (quarta) e della Gran Bretagna (decima). Negli studi della Banca Mondiale, l’Italia e la Francia compaiono al 56esimo e 31esimo posto per facilità di fare impresa. Secondo Transparency International l’Italia è al 69esimo posto su 175 in termini di corruzione percepita, a livelli paragonabili a Romania, Grecia e Bulgaria.

La mancanza di competitività è aggravata dalla presenza della moneta unica. Fino alla recente svalutazione dell’euro Francia e Italia hanno convissuto con una valuta sopravvalutata del 15-25%. Venuta meno la possibilità, a lungo sfruttata, di svalutare la lira e il franco per migliorare la competitività internazionale, entrambi i paesi hanno fatto affidamento sulla spesa pubblica finanziata dal debito per mantenere l’attività economica e gli standard di vita.

I progressi sulle riforme strutturali proposte sono lenti. Indipendentemente dalla fase economica, le riforme sono state spesso procrastinate perché i tempi erano giudicati poco maturi. Una certa avversione al mercato e al business impedisce il cambiamento.

Francia e Italia potrebbero non essere in grado di evitare una crisi finanziaria. Il PIL reale dovrebbe crescere di oltre il doppio rispetto alle proiezioni per stabilizzare e poi ridurre il rapporto tra debito e PIL. In alternativa, il debito potrà essere ridotto tramite una profonda riduzione del deficit. L’aggiustamento fiscale necessario, di circa il 2% del PIL, sarebbe controproducente, perché innescherebbe un circolo vizioso già visto di crescita più bassa, deficit crescenti e aumenti del costo del finanziamento.

L’economia debole e la bassa inflazione porterebbero il debito a crescere oltre i livelli critici, innescando un possibile crollo.

Il presidente François Mitterrand credeva che “il faut donner du temps au temps” (bisogna lasciare tempo al tempo). Negli ultimi 15-20 anni l’Italia e la Francia hanno promesso riforme irrinunciabili. Purtroppo il tempo sta scadendo, con serie conseguenze per le nazioni coinvolte, il progetto europeo e gli investitori in titoli del debito e azionari di Francia e Italia.

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