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Il diritto di pagare con il bancomat e il dovere di dotarsi del POS

Pagare con il bancomat è diventato un diritto. Dal 30 giugno è stato infatti introdotto l’obbligo per qualsiasi attività commerciale di munirsi di POS, il terminale per effettuare pagamenti elettronici, e di accettare pagamenti con il bancomat per importi superiori ai 30 euro. La manovra è condivisibile ma nasce con dei grandi limiti: impone un forte costo sulle piccole imprese e trasferisce ricchezza alle banche. Vediamo cosa mantenere e cosa pretendere che cambi in fretta, e sgombriamo il campo da facili populismi che sono nati intorno alla vicenda.

di Lorenzo Saggiorato - 11 Luglio 2014 - 4'

Pagare con il bancomat è diventato un diritto. Dal 30 giugno è stato infatti introdotto l’obbligo per qualsiasi attività commerciale di munirsi di POS, il terminale per effettuare pagamenti elettronici, e di accettare pagamenti con il bancomat per importi superiori ai 30 euro. La manovra è condivisibile ma nasce con dei grandi limiti: impone un forte costo sulle piccole imprese e trasferisce ricchezza alle banche. Vediamo cosa mantenere e cosa pretendere che cambi in fretta, e sgombriamo il campo da facili populismi che sono nati intorno alla vicenda.

L’uso del bancomat come mezzo di pagamento anche per piccoli importi presenta diversi vantaggi dal lato del consumatore, in termini di sicurezza e praticità. Per quanto riguarda gli esercenti, il ricorso a pagamenti elettronici riduce il rischio di furti e i costi legati alla movimentazione del contante. In Italia, tuttavia è quest’ultimo che continua a farla da padrone, vuoi per consuetudine o scarsa fiducia in altri mezzi di pagamento, vuoi per necessità perché in molte occasioni è indispensabile avere del contante a portata di mano. La scarsa diffusione dei pagamenti elettronici è anche da attribuirsi ai forti costi che questi comportano sugli esercenti, di molto superiori alla media europea. Questi sono sia costi fissi, quali l’installazione del POS e il canone mensile, sia variabili, come commissioni su ogni transazione.

Dal 30 giugno scorso, tutte le imprese e i professionisti sono tenuti a munirsi di POS e ad accettare pagamenti con il bancomat per importi superiori a 30 euro. La norma ha provocato reazioni molto violente sui media e vale la pena fare qualche chiarimento. Il provvedimento non obbliga i consumatori a pagare con strumenti elettronici sopra i 30 euro, come ama sostenere chi sta facendo sulla faccenda terrorismo mediatico, ma stabilisce invece il diritto di scegliere se pagare con carta o contanti. Ognuno continua a essere libero di scegliere il mezzo di pagamento che preferisce per importi entro i mille euro, che rimangono il limite massimo consentito per il pagamento in contanti. Non regge quindi la retorica che sta rimbalzando sulla rete in questi giorni che evoca schiere di pensionati costretti a pagare con il bancomat, cittadini depredati della propria libertà o ancora l’annientamento totale del contante.

La manovra va nella direzione auspicabile di garantire la possibilità di utilizzare il bancomat in ogni transazione, ma rimane monca in quanto non prevede, al momento, alcuna sanzione a chi non rispetta la norma, imponendo un costo aggiuntivo solo sugli esercenti onesti. Il vero nervo scoperto del problema è rappresentato però dai costi legati all’adozione di POS, che sono in Italia particolarmente gravosi. La struttura dei costi, di cui un’importante componente è fissa, è penalizzante soprattutto per le imprese con un giro d’affari contenuto. Nella configurazione attuale dunque il provvedimento rischia di tradursi in un ennesimo favore al sistema bancario, che beneficerebbe di un trasferimento di ricchezza dalla piccola e piccolissima impresa.

Perché la norma possa portare a un effettivo beneficio per la comunità, senza tradursi in un costo per il sistema produttivo e in un regalo alle banche, non può non accompagnarsi a una drastica riduzione dei costi, in linea con quelli di altri paesi. Al fine di non penalizzare maggiormente i piccoli esercizi, o di aggravare momenti in cui cala il fatturato, un’idea potrebbe essere quella di eliminare o abbattere sensibilmente i costi fissi, lasciando la remunerazione del servizio alle sole commissioni sulle transazioni, anch’esse ridimensionate a fronte dell’aumentata base di utilizzatori.

Nei messaggi del governo, uno dei principali obiettivi del provvedimento è quello di favorire la lotta all’evasione fiscale. Su questo frangente rimangono molti dubbi circa l’efficacia dello strumento. La teoria economica e l’esperienza suggeriscono che gli individui rispondono a incentivi. In altre parole, se si vuole far emergere il sommerso bisogna creare un sistema per cui il singolo abbia un beneficio diretto dal richiedere una fattura. Se le spese sostenute fossero deducibili in qualche misura, come già avviene per le spese mediche o alcune ristrutturazioni, allora sì che si avrebbe un allargamento consistente della base imponibile.

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