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In Italia sbarcano i PIR: Piani Individuali di Risparmio

Sono arrivati in Italia i PIR: Piani Individuali di Risparmio. Lo scopo è di dare una spinta all'economia reale italiana. Le premesse per investire vantaggiosamente e contribuire alla crescita del nostra paese ci sono tutte.

di Lorenzo Saggiorato - 14 Novembre 2016 - 6'

Nonostante l’attuale fase di incertezza dell’economia italiana, in cui segnali di rallentamento dei consumi si alternano a miglioramenti nel mercato del lavoro e nell’immobiliare, a breve un’ondata di cambiamento potrebbe invertire il processo di stagnazione dei risparmi delle famiglie ed offrire una spinta all’economia reale italiana. Stiamo parlando del debutto dei PIR, acronimo che sta per Piani Individuali di Risparmio, una delle principali novità introdotta dalla Legge di Bilancio del 2017.

I PIR nascono con l’idea di canalizzare i risparmi delle famiglie verso l’economia reale italiana e di promuovere un’allocazione più efficiente e conveniente del risparmio. L’ingresso dei Piani Individuali di Risparmio viene accolto a braccia aperte da Assogestioni, che aveva auspicato una loro adozione fin dal 2011 sulla scia di quanto già fatto sia in Francia con i Plan d’Epagne en Actions(PEA) che in Gran Bretagna con gli Individual Savings Account(ISAs).

Tra gli obiettivi centrali della manovra vi è, infatti, quello di promuovere canali di finanziamento alternativi per le imprese, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni (Pmi), che sono quella parte di economia reale italiana con il maggior fabbisogno di risorsee che fa più fatica a finanziarsi presso le banche. Le Pmi sono la base dell’industria italiana, per cui una loro spinta è essenziale per portare alla crescita dell’Italia.

Cos’è un Piano Individuale di Risparmio (PIR)?

Si tratta di un “contenitore fiscale” (OICR, gestione patrimoniale, contratto di assicurazione, deposito titoli) all’interno del quale i sottoscrittori di PIR possono investire in qualsiasi strumento finanziario (azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni, derivati ecc.) sottostando ad una serie di vincoli. I PIR sono destinati all’universo dei piccoli risparmiatori intesi come persone fisiche che investono al di fuori dell’attività di impresa. Ad ogni singolo investitore è consentito sottoscrivere un solo piano di risparmio entro la somma massima di 30mila euro annui per un periodo non inferiore a 5 anni, per un massimo di 150mila euro totali.

Quali sono i vantaggi per i risparmiatori che investono in PIR?

La novità principale per il sottoscrittore è quella di poter percepire redditi di natura finanziaria in regime di esenzione d’imposta.Ovvero i sottoscrittori di PIR sono esentati dal pagamento dell’imposta sui redditi derivanti dall’investimento. Però, come già menzionato in precedenza, per godere dei vantaggi fiscali prima citati è necessario rispettare una serie di vincoli in termini di cifra massima di investimento annuo, di orizzonte temporale e composizione del portafoglio.

Questi vincolirispondonoall’esigenza di dare rinforzo all’economia reale e far affluire maggiori capitali verso il tessuto produttivo delle Pmi.ll primo vincolo prevede che ciascun risparmiatore possa investire fino ad un massimo di 30mila euro annui (150mila euro limite complessivo). Il vincolo di durata prevede che l’investimento debba essere mantenuto per almeno 5 anni. Lo scopo è quello di limitare gli utilizzi con finalità speculative del piano e, al contempo, di assicurare alle imprese destinatarie un apporto di capitale stabile per tutto il corso del piano. Inoltre il vincolo della composizione del portafoglio– con finalità di diversificare correttamente il rischio -deve prevedere:

  • un investimento di almeno il 70% del portafoglio in strumenti finanziari (azioni ed obbligazioni, sia quotati sia non quotati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione) emessi da imprese italiane oppure europee, purché abbiano una stabile organizzazione in Italia;
  • che di questo 70%, almeno il 30% (cioè il 21% del totale del portafoglio) sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese che non sono presenti nell’indice FTSE MIB*;
  • che il restante 30% può essere destinato invece a qualsiasi altro strumento finanziario (compresi conti correnti e depositi bancari).
  • che non oltre il 10% del portafoglio nella sua totalità può essere impiegato in strumenti finanziari emessi dallo stesso emittente o da altra società appartenente al medesimo gruppo, al fine di frenare possibili e rischiose concentrazioni di portafoglio del risparmiatore.

Nel caso in cui non si dovessero rispettare i vincoli di composizione o temporale, saranno dovute le ordinarie imposte sui redditi medio tempore percepiti dall’investitore, aumentate degli interessi.

Le sfide all’orizzonte

Si prevede che i PIR possano mobilitare dai 10 ai 15 miliardi di nuovi investimenti nei prossimi tre anni. Anche se si sono avanzati alcuni dubbi sull’effettivo funzionamento del vincolo di composizione,che impone per una parte del portafoglio l’investimento in aziende escluse dal FTSE MIB. Infatti, se da un lato la scelta può sembrare favorevole per le Pmi, va anche tenuto presente che la parte restante delle risorse investite nei PIR sarà indirizzata verso le rimanenti 260 imprese quotate a Piazza Affari che fanno, anche loro, parte dell’economia reale italiana. Il vincolo di investire almeno il 21% del totale del portafoglio in Pmi è dovuto al fatto che ad oggi non esiste un mercato dei capitali abbastanza liquido per le Pmi e quindi risulta più difficile per queste imprese raccogliere risorse. Infatti normalmente la scelta di investire in società quotate è più diretta e meno rischiosa grazie alla maggiore trasparenza e visibilità offerta.

In ogni modo, le premesse per mettere i piccoli risparmiatori nelle condizioni di investire vantaggiosamente i loro risparmi e contribuire alla crescita economica del nostro Paese ci sono tutte.

Tra i fondi PIR già presenti sul mercato troviamo quelli di AcomeA SGR che grazie alla modalitàexecution onlyconsente di sottoscrivere i fondi a commissioni ridotte.

*Indice del mercato azionario italiano cheracchiude le “big 40” e cioè le 40 aziende a maggior capitalizzazione di Piazza Affari.

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