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L’asset allocation conta poco, i costi molto

L’asset allocation, ossia la distribuzione di diverse attività di investimento in un portafoglio, è da molti investitori considerata una delle caratteristiche fondamentali per la riuscita o meno di una strategia di investimento. Una recente ricerca suggerisce che probabilmente questo sia vero solo in parte e che tutti stiano perdendo di vista il nocciolo della questione. I costi. Ecco come il quotidiano britannico Financial Times commenta i risultati della ricerca.

di Una finestra sul mondo - 6 Marzo 2015 - 4'

L’asset allocation, ossia la distribuzione di diverse attività di investimento in un portafoglio, è da molti investitori considerata una delle caratteristiche fondamentali per la riuscita o meno di una strategia di investimento. Una recente ricerca suggerisce che probabilmente questo sia vero solo in parte e che tutti stiano perdendo di vista il nocciolo della questione. I costi. Ecco come il quotidiano britannico Financial Times commenta i risultati della ricerca.

Asset allocation: perché curarsene? Da tempo gli investitori hanno capito che la diversificazione tra settori e asset class è molto più rilevante, ai fini del risultato finale, del cosiddetto stockpicking, la scelta dei singoli titoli. In molti hanno proposto nuove asset allocation, includendo nuove tipologie di investimenti al fine di migliorare l’equilibrio tra rischio e rendimento.

Tuttavia, una nuova ricerca, contenuta nel libro di Meban Faber di Cambria Asset Management, mostra chiaramente che il divario in termini di risultati tra il portafoglio con la migliore asset allocation e quello con la peggiore è inferiore alla differenza di risultato che c’è tra il portafoglio con le commissioni più alte e quello con quelle più basse.

In altre parole, l’esatta asset allocation che scegli è meno importante rispetto al tenere sotto controllo i costi dell’investimento.

La ricerca considera alcuni dei modelli di asset allocation più famosi e valuta come avrebbero performato tra il 1973 e il 2013.

Risulta evidente che una differenziazione dettagliata e disciplinata degli asset può ridurre nel tempo l’esposizione a brusche perdite, dando così all’investitore maggiore confidenza circa la possibilità di poter disporre del proprio denaro quando ne avrà bisogno. Questa è l’idea. In diverse occasioni questi portafogli misti avrebbero addirittura battuto le azioni – ma l’intento principale è quello di ricercare una crescita più regolare del capitale.

Tutte le strategie sono simulate utilizzando degli indici finanziari diffusi. L’allocazione di portafoglio classica, 60% azioni e 40% obbligazioni, negli Stati Uniti avrebbe avuto un rendimento reale medio annuo del 5,13%, con una perdita massima realizzata del 39,4%. Applicando la stessa asset allocation ai mercati globali si avrebbe aumentato il rendimento al 5,54% riducendo anche leggermente la perdita massima.

L’articolo procede poi entrando nel dettaglio di alcune asset allocation proposte da investitori famosi. Ci basti osservare che i sei portafogli considerati variano per composizione, includendo o meno in diversa misura dalle asset class più classiche, azioni e obbligazioni, a investimenti diversi quali immobili o materie prime.

Tutti questi modelli hanno avuto successo nel fornire una crescita del capitale morbida, con un risultato vicino a quello riportato dal solo indice azionario, ma con un percorso molto meno accidentato (l’indice S&P500 ha avuto una performance reale media annua del 5,71% ma con una perdita massima, verificatasi dopo il crac di Lehman Brothers, del 54%). Ciò che sembra contare dell’asset allocation non è tanto l’esatta composizione del portafoglio ma piuttosto la disciplina nel mantenerla e ribilanciarla ogni anno.

Più importante, le commissioni sicuramente impattano più dell’asset allocation – assunto che le asset alloction possibili si muovano nel range censito da Faber. Applicare al portafoglio che ha avuto i risultati migliori una commissione annua del 2,25%, assolutamente plausibile se il consulente applica una commissione e si sceglie uno strumento relativamente caro, farebbe rendere la strategia, di per sé vincente, meno della strategia peggiore, se quest’ultima venisse implementata senza consulenza e utilizzando i prodotti più economici.

La ricerca arriva quindi a una conclusione che stupisce pochi di noi. Nel lungo periodo nulla è più importante che contenere i costi dell’investimento.

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