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Risparmiare? Missione (quasi) impossibile

Un italiano su tre non ha risparmi accantonati e il 42% non avrebbe risparmi sufficienti a soddisfare il fabbisogno di tre mesi. È quanto risulta dalla recente indagine di ING sul risparmio in diversi paesi europei, che tratteggia la situazione critica provocata dalla contrazione dei redditi degli ultimi anni, da uno Stato che ha avuto un atteggiamento quasi punitivo verso il risparmio, e da un totale analfabetismo finanziario.

di Elisabetta Villa - 3 Gennaio 2014 - 4'

Un italiano su tre non ha risparmi accantonati e il 42% non avrebbe risparmi sufficienti a soddisfare il fabbisogno di tre mesi. È quanto risulta dalla recente indagine di ING sul risparmio in diversi paesi europei, che tratteggia la situazione critica provocata dalla contrazione dei redditi degli ultimi anni, da uno Stato che ha avuto un atteggiamento quasi punitivo verso il risparmio, e da un totale analfabetismo finanziario.

L’indagine condotta su un campione di 13 mila individui in 13 Stati evidenzia tutte le difficoltà che hanno sperimentano i cittadini europei in questi anni sul fronte della gestione delle proprie finanze. Ben il 41% degli europei vede peggiorata la propria situazione finanziaria rispetto all’anno precedente e il 32% dichiara di non avere da parte alcun tipo di risparmio.

Se in Europa la situazione appare critica, in Italia questa è ancora più preoccupante: ben il 58% degli italiani ha visto un peggioramento della propria situazione finanziaria rispetto all’anno scorso, contro una media europea del 41%. Un italiano su tre dichiara di non avere a disposizione alcun tipo di risparmio, mentre il 49% non è stato in grado di incrementare i risparmi. Questa situazione è determinata dal crollo del reddito disponibile delle famiglie a cui si assiste da diversi anni, guidato in particolare dalle difficoltà sul fronte occupazionale. Malgrado il livello elevato di ricchezza netta che si attribuisce alle famiglie, ben il 42% degli italiani dichiara di non aver sufficienti risparmi per far fronte al fabbisogno di tre mesi. Emerge quindi ancora una volta un’Italia frammentata, in questo caso tra stabilità e solidità finanziaria e fragilità e forte dipendenza dal reddito da lavoro.

Oltre alla difficile situazione occupazionale in Italia ha contribuito una politica fiscale che da un lato pesa enormemente sui redditi da lavoro e dall’altro disincentiva l’accumulazione di risparmi.

A peggiorare la situazione concorre un bassissimo livello di educazione finanziaria. L’indagine fornisce, infatti, le previsioni sulle scelte di investimento per il 2014 dei risparmiatori italiani (quei tre su dieci che hanno deciso di investire): gli strumenti più utilizzati risultano essere depositi a termine (13%) e titoli di stato (9%). Questa allocazione dei risparmi sembra guidata dal crollo della propensione al rischio, dovuto alla crisi e alle oggettive difficoltà finanziarie, che fa confluire i risparmi verso quelle forme di investimento ritenute più sicure. Non sempre però questi strumenti si rivelano particolarmente convenienti. Dall’altro lato emerge il fatto che gli italiani stiano investendo guardando nello specchietto retrovisore: negli scorsi due anni la dinamica dei tassi sui titoli di stato italiani e conseguentemente quella dei depositi a termine ha regalato rendimenti molto interessanti ai cittadini che hanno investito in questi strumenti. Allo stato attuale è però altamente improbabile che una situazione del genere si ripeta.

Gli interventi statali necessari sono sotto gli occhi di tutti e passano per una riduzione delle tasse sul lavoro e per politiche di stimolo alla ripresa e alla competitività. Non ci si può esimere tuttavia dalla consapevolezza che la buona gestione delle proprie finanze parte solo da se stessi, superando quegli ostacoli derivanti da un reddito considerato inadeguato o di una presunta complessità della materia.

P.S. L’abolizione del minimo dell’imposta di bollo sugli strumenti finanziari ha effettivamente eliminato un forte ostacolo al risparmio anche per piccole somme. Risulta quindi oggi fiscalmente più costoso tenere liquidità sul conto corrente, oltre i 5.000 euro, piuttosto che investirli in strumenti finanziari più evoluti, trasparenti e redditizi.

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