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SCOMMETTIAMO CHE L’URAGANO NON ARRIVA?

Sembra che la creatività dell’industria finanziaria non abbia limiti. Forse è proprio così! Ma è veramente al nostro servizio? Il caso di oggi sono le obbligazioni legate ai disastri naturali, i catastrophe bonds, o Cat bond. Ci servono davvero o i risparmiatori sono usati per l’ennesima volta?

di Lorenzo Saggiorato - 27 Agosto 2013 - 3'

Sembra che la creatività dell’industria finanziaria non abbia limiti. Forse è proprio così! Ma è veramente al nostro servizio? Il caso di oggi sono le obbligazioni legate ai disastri naturali, i catastrophe bonds, o Cat bond. Ci servono davvero o i risparmiatori sono usati per l’ennesima volta?

Questi prodotti sono diffusi dagli anni ’90 ma inizialmente erano a portata solo di investitori istituzionali e soprattutto negli Stati Uniti, oggi invece c’è il pericolo che questi prodotti vengano proposti anche agli investitori privati.

Vediamo un po’ come funzionano:

  • Una società di assicurazioni si impegna a proteggere i propri clienti dal rischio di catastrofi naturali, quali terremoti, uragani, alluvioni, ecc.
  • Essendo però i risarcimenti potenzialmente enormi nel caso in cui si verifichi il disastro, la compagnia assicurativa emette obbligazioni legate all’evento per trasferire parte del rischio sugli investitori.
  • Se alla scadenza dell’obbligazione (poniamo dopo 3 anni) la catastrofe in questione non si è manifestata l’investitore torna in possesso del suo capitale. In caso contrario però la compagnia assicurativa utilizzerà, in parte o completamente, il capitale dell’investitore per ripagare i danni.

I Cat bond possono rispondere ad alcune esigenze di investitori complessi, ma è così anche per gli investitori privati? Probabilmente nella maggior parte dei casi no. Eppure sembra che i Cat bond stiano diventando sempre più diffusi anche al di fuori della cerchia degli investitori istituzionali.

Anche in Italia il mercato è in velocissima espansione, come testimonia la rapida crescita dei capitali gestiti dal fondo Cat Bond Fund (fondo di diritto lussemburghese ma accessibile al risparmiatore italiano) che investe appunto in obbligazioni legate alle catastrofi naturali. Il fondo, lanciato nel 2011 con un capitale iniziale di circa 20 milioni di euro, ha avuto adesioni tanto da arrivare a 240 milioni.

Abbiamo bisogno di investire in uno strumento finanziario il cui andamento dipende dalla realizzazione, o meno, di un evento che non dipende da nessuna decisione umana, in un contesto di assoluta incertezza? I rendimenti che ci offrono sono tali da giustificare il rischio che corriamo? A quali esigenze di risparmio risponde questo strumento?

Attenzione perché investire è molto diverso da scommettere!

Ribadendo un concetto già espresso più volte, sembra che innovare in finanza significhi quasi sempre creare un prodotto più complesso. La soluzione che abbiamo per evitare di investire in strumenti di cui non abbiamo bisogno è quella di capire quali sono le nostre esigenze in termini di durata dell’investimento, rendimento potenziale che ci attendiamo e conseguente rischio che siamo disposti a correre. Ecco, proprio alla luce di queste considerazioni, ha senso sottoscrivere un’obbligazione che non ci rimborsa il capitale se un uragano investe la costa degli Stati Uniti?

Approfondimento

Sembra assurdo, eppure ad alcuni investitori interessano. I Cat bond offrono infatti un alto rendimento, intorno al 5%, ma a fronte di un alto rischio. Un altro fattore di attrattività per gli investitori istituzionali è la bassa correlazione che l’investimento ha con qualsiasi altra attività finanziaria: ovviamente il verificarsi o meno di un terremoto è indipendente dall’andamento dei mercati azionari, obbligazionari e delle materie prime. Il contrario non è però vero, perché il disastro naturale ha spesso forti conseguenze sui mercati.

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