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Tra scuola e politica un’altra tassa occulta

La disoccupazione giovanile in Italia raggiunge il 40%. Aumenta al 22% il numero di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non hanno un lavoro e non lo cercano. Da ultimo, la recente ricerca dell’OCSE sulle abilità degli adulti pone gli italiani in fondo alla classifica per abilità letterarie e matematiche. La causa? Un’altra tassa occulta per le famiglie. E il governo come risponde?

di Anna Schwarz - 11 Ottobre 2013 - 4'

La disoccupazione giovanile in Italia raggiunge il 40%. Aumenta al 22% il numero di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non hanno un lavoro e non lo cercano. Da ultimo, la recente ricerca dell’OCSE sulle abilità degli adulti pone gli italiani in fondo alla classifica per abilità letterarie e matematiche. La causa? Un’altra tassa occulta per le famiglie. E il governo come risponde?

Dal 2000 al 2012 la spesa pubblica per l’istruzione in Italia è aumentata solo del 3% in termini reali, contro un aumento medio del 21% per i paesi dell’area euro e del 29% per tutta l’Unione europea. Diverse sono state le riforme e i provvedimenti che hanno tolto risorse all’istruzione, tuttavia né la causa del problema né la sua soluzione risiedono nel livello di spesa.

Il dato sulla spesa totale nel sistema educativo è poco indicativo se vogliamo valutare l’appropriatezza delle risorse utilizzate nel processo di formazione, perché questo è influenzato anche dall’andamento demografico, quindi più utile è considerare la spesa per studente. Analizzando il rapporto pubblicato dall’OCSE sullo stato di salute dei sistemi educativi nei paesi membri (Education at a glance 2013), vediamo che l’Italia non impiega, in media, meno risorse di altri paesi. Per quanto riguarda le scuole elementari e medie, sia inferiori che superiori, la spesa annua per studente, a parità di potere di acquisto, è in linea con la media dei paesi OCSE.

Non sembra dunque che lo studente medio italiano abbia una dotazione di risorse economiche diversa dalla media, tale da giustificare la disastrosa situazione che si presenta oggi. Dal rapporto OCSE emergono invece sostanziali differenze del nostro sistema educativo rispetto agli altri. L’Italia si distingue per il numero di studenti per docente, inferiore alla media soprattutto nelle scuole elementari, con un rapporto di 11,7 studenti per insegnante, contro i 15,4 della media OCSE. Il corpo docente italiano è inoltre caratterizzato da un livello di salari, in termini reali, inferiore alla maggior parte dei paesi OCSE, sia ad inizio carriera che soprattutto all’aumentare dell’esperienza. I giovani insegnanti in Italia hanno di fronte a sé una prospettiva di crescita dello stipendio di molto inferiore a quella dei colleghi stranieri. Riassumendo, il sistema educativo italiano risulta essere popolato da un elevato numero di docenti rispetto al numero di studenti e pagati meno della media.

Non vi è dunque un problema di spesa in sé e la soluzione non può quindi passare solo per la scelta di destinare più o meno risorse al sistema. Una via potrebbe essere quella di intaccare la dinamica per cui la scuola mantiene molti posti sottopagati, tuttavia proporre una soluzione al problema va al di là degli obiettivi di questo articolo. Aspettando una risposta da parte della politica vi sono nell’immediato costi economici e sociali enormi che gravano sui cittadini, e non solo per quanto riguarda i giovani direttamente interessati.

Un alto numero di docenti poco valorizzati, la mala allocazione delle risorse e i molti sprechi che caratterizzano il sistema educativo sono una tassa occulta per le famiglie italiane: è sempre più frequente che i genitori si facciano carico di alcuni costi di sostentamento della vita scolastica quali l’acquisto di gessetti, fogli o carta igienica, come riporta un articolo comparso recentemente su Repubblica. A queste spese si aggiungono quelle, ben più ingenti, dell’acquisto dei libri di testo che gravano in larga parte sulle famiglie.

La qualità dell’istruzione è una delle priorità per il futuro del nostro paese. Le politiche di tagli lineari alla spesa per istruzione potate avanti in questi anni hanno risposto solo all’esigenza di breve termine di risparmiare sui bilanci pubblici senza intaccare minimamente le inefficienze del sistema scolastico. L’unico risultato è stato ancora una volta quello di spostare il peso fiscale (anche senza chiamarlo tale) sulle famiglie italiane, tassando la più preziosa delle risorse.

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