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Chi rimane con il cerino in mano se la Grecia non paga?

La vittoria in Grecia di Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, ha suscitato in Europa forti reazioni. In molti vedono nelle dichiarazioni anti austerity e a favore di una rinegoziazione dei prestiti del leader di Syriza la via verso la rinascita dell’Europa. Ma siamo sicuri che sia così?

di Anna Schwarz - 27 Gennaio 2015 - 5'

La vittoria in Grecia di Syriza, il partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, ha suscitato in Europa forti reazioni. In molti vedono nelle dichiarazioni anti austerity e a favore di una rinegoziazione dei prestiti del leader di Syriza la via verso la rinascita dell’Europa. Ma siamo sicuri che sia così?

È opinione sempre più diffusa quella per cui le politiche del rigore richieste dalla Troika (l’organismo formato da Fondo Monetario Internazionale, BCE e Commissione europea) ai paesi europei in difficoltà siano state quanto mai deleterie per l’eventuale ripresa. Gli effetti di questa impostazione sono purtroppo sotto gli occhi di tutti noi e anche da parte degli economisti e dello stesso governatore della banca centrale Mario Draghi, ci sono state diverse aperture verso una politica fiscale più espansiva, che favorisca la crescita e l’occupazione.

Alla luce di questa situazione, in molti hanno accolto con entusiasmo la vittoria di Syriza. Con un programma dichiaratamente contrario alle politiche di austerità ma con l’intenzione di mantenere la Grecia nella cornice dell’euro, Syriza rappresenta per tanti l’occasione per cambiare strada in Europa rispetto alla gestione della crisi. Uno dei punti più caldi del programma di Syriza riguarda l’impegno del partito per abolire gli accordi sottoscritti con la Troika e rinegoziare i prestiti internazionali. A fronte di un peso del debito pubblico sempre più gravoso in molte economie, tra cui sicuramente l’Italia, nonché di una percezione di oppressione e ingiustizia nei confronti dello stesso diffusa tra la popolazione, tale decisione sarebbe vista come coraggiosa e necessaria da molti cittadini dell’eurozona.

Chi possiede quindi la maggior parte del debito greco? Questa domanda banale è quella che non ha attraversato la mente di tanti (o ha ricevuto risposte approssimative). Spoiler: la risposta non è né l’odiata Troika e neanche le banche e le istituzioni finanziarie che hanno causato la crisi. Una recente pubblicazione di Bloomberg ci aiuta a identificare i possessori del debito greco e a capire come si ripartirebbero i danni di un eventuale ripudio del debito da parte del neoeletto governo di Atene. Dei 322 miliardi di euro di debito pubblico greco ben 195 miliardi sono detenuti dai governi dell’eurozona, sotto forma di prestiti bilaterali e fondi conferiti tramite i meccanismi di sostegno europeo (EFSF e poi ESM). Tra i maggiori contributori alla Grecia c’è proprio il nostro paese, preceduto solo da Germania e Francia. L’Italia ha infatti prestato capitali alla Grecia per 40 miliardi di euro. Nell’ipotesi più drastica, un totale ripudio dei prestiti da parte della Grecia si tradurrebbe in una perdita per 40 miliardi di euro sul bilancio dello stato italiano. Se i titoli detenuti da soggetti pubblici subissero una sorte simile a quella toccata agli investitori privati nel 2012, nell’ambito del default greco, si avrebbe una perdita nell’ordine dei 20 miliardi di euro. Per dare un’idea dei numeri, il gettito da IMU/Tasi del 2014 è stato stimato intorno ai 24 miliardi di euro.

La Grecia potrebbe effettivamente beneficiare, almeno nel breve termine, di una rinegoziazione del debito. Tale manovra avrebbe però un impatto diretto forte in termini di carico fiscale per i cittadini dei paesi europei. Per l’Italia sarebbe paradossale, dopo anni di politiche del rigore, subire anche perdite per il mancato rispetto degli impegni della Grecia. Inoltre, il venir meno da parte di Atene alle promesse potrebbe portare a un’ondata di sfiducia sui debiti dell’eurozona, che coinvolgerebbe inevitabilmente l’Italia, data la sua situazione particolarmente vulnerabile.

È evidente che l’orientamento di politica economica imposto negli anni scorsi vada cambiato, sia per aiutare la Grecia a uscire da una situazione di estremo disagio sociale ed economico, sia per stimolare la ripresa in molti paesi europei. Se però tale rottura con il passato avverrà tramite un fallimento unilaterale sul debito da parte della Grecia, a restare con il cerino in mano saranno i contribuenti europei, anche italiani.

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