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Come investe l’italiano medio?

Ci sono due risposte a questa domanda. La prima, guardando ai dati pubblicati da Banca d’Italia, dice che il portafoglio dell’italiano medio è composto soprattutto da immobili e per quanto riguardano le attività finanziarie prevalgono quelle liquide e le obbligazioni. Un’altra risposta, forse più calzante, dice che l’italiano medio non esiste.

di Anna Schwarz - 3 Marzo 2015 - 5'

Ci sono due risposte a questa domanda. La prima, guardando ai dati pubblicati da Banca d’Italia, dice che il portafoglio dell’italiano medio è composto soprattutto da immobili e per quanto riguardano le attività finanziarie prevalgono quelle liquide e le obbligazioni. Un’altra risposta, forse più calzante, dice che l’italiano medio non esiste.

Se l’italiano medio fosse un’entità composta da tutti i singoli italiani, distribuirebbe la propria ricchezza come l’aggregato nazionale. Considerando i dati pubblicati annualmente da Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane è possibile immaginare dove l’italiano medio abbia investito o detenga i propri soldi.

Il primo dato che salta all’occhio è che il 60% della ricchezza dell’italiano medio è rappresentata da attività reali, per la quasi totalità da abitazioni. Accanto alla preferenza per l’acquisto della prima casa piuttosto che l’affitto, è, ed è stata in passato, una scelta diffusa quella di acquistare immobili come forma di investimento. Fino a qualche anno fa possedere immobili era infatti ritenuta una delle migliori scelte finanziarie, in quanto si credeva che i prezzi delle abitazioni fossero destinati a una crescita costante. Non solo gli ultimi anni di crollo dei prezzi degli immobili hanno sfatato questo mito ma l’investimento immobiliare in sé ha diverse criticità che si vorrebbero evitare nelle proprie scelte finanziarie.

La quota di ricchezza rimanente, pari al 40% non rappresentato da attività reali, è investito in attività finanziarie.

Sotto questo punto di vista, l’italiano medio mostra una spiccata preferenza per la liquidità, una bassa propensione al rischio e un forte italo-centrismo. Oltre il 30% delle attività finanziarie è detenuto sotto forma di contante, depositi bancari e postali. Anche i titoli obbligazionari sono ben rappresentati nel portafoglio, in particolare i titoli italiani (di Stato o bancari). Molto minore invece la presenza di azioni quotate: se infatti la partecipazione ad aziende è diffusa, tipicamente nell’azienda di famiglia, molto minore è la diffusione di titoli azionari quotati, pari appena al 2% delle attività finanziarie. Se l’italiano medio si presentasse da un consulente finanziario per un check-up sulla composizione dei propri investimenti, quest’ultimo probabilmente ne denoterebbe una bassissima diversificazione, perché oltre la metà degli asset è composta da immobili e perché anche la ricchezza finanziaria è investita quasi esclusivamente su titoli italiani. L’eccessiva quota di liquidità rappresenta poi un vero e proprio freno alla crescita della ricchezza nel medio periodo, così come la bassa esposizione a strumenti rischiosi.

Tutto quanto detto finora è però inutile e nient’altro che un esercizio intellettuale perché, nei fatti, l’italiano medio non esiste. All’interno dell’aggregato della ricchezza delle famiglie italiane la composizione della stessa varia enormemente. Purtroppo non ci sono statistiche nazionali sulla composizione della ricchezza, suddivise per decili di reddito. Si può però guardare a dati su alcuni strumenti specifici per vedere come cambiano le preferenze dell’investimento a seconda del reddito del risparmiatore. Tra le famiglie meno abbienti si fa ad esempio un ricorso molto maggiore a uno strumento come il buono fruttifero postale, strumento poco rischioso ma con un rendimento a scadenza alle volte persino inferiore all’inflazione. Viceversa, nei portafogli dei risparmiatori più benestanti sono più presenti titoli azionari o fondi comuni di investimento.

Questa differenza nei portafogli, a seconda delle fasce di reddito, è però in buona parte frutto delle decisioni del singolo più che di un inevitabile nesso di causalità. Per fare un esempio, se acquistare azioni di società estere che non si conoscono costruendo un portafoglio diversificato può effettivamente richiedere molto denaro (e una certa conoscenza del settore), avere un’esposizione ai mercati globali è accessibile a tutti con cifre bassissime tramite l’acquisto di un fondo comune o di un ETF.

In conclusione, osserviamo che il portafoglio di investimenti dell’italiano medio ha diversi difetti, quali la poca diversificazione e l’esposizione minima a strumenti che possono offrire nel tempo un apprezzamento anche significativo del capitale. L’italiano medio però non esiste: questi difetti saranno infatti molto più marcati per qualcuno e totalmente assenti per qualcun altro. Gestire in maniera più efficiente la propria ricchezza è però una possibilità alla portata di tutti, indipendentemente da quanto si possiede.

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