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IL BALLETTO DELLE STIME

Non crediamo nel potere di predire il futuro e non ci aspettiamo quindi che lo faccia il governo. Il continuo balletto delle stime sulla crescita del PIL, fornite dal governo italiano, è però ai limiti dell’inverosimile. Il dato di crescita del PIL reale per il 2013 è stato rivisto al ribasso a -1,7% rispetto al -1,3% precedente. Ci sarà da fidarsi questa volta?

di Anna Schwarz - 24 Settembre 2013 - 4'

Non crediamo nel potere di predire il futuro e non ci aspettiamo quindi che lo faccia il governo. Il continuo balletto delle stime sulla crescita del PIL, fornite dal governo italiano, è però ai limiti dell’inverosimile. Il dato di crescita del PIL reale per il 2013 è stato rivisto al ribasso a -1,7% rispetto al -1,3% precedente. Ci sarà da fidarsi questa volta?

La recente rettifica è solo l’ultima di una lunga serie: nel settembre 2012 la crescita dell’economia italiana per l’anno 2013 sarebbe stata, secondo il governo, pari a -0,2%. Pochi mesi dopo, nel marzo 2013 arriva la prima rettifica: la (de)crescita nel 2013 sarà di -1,3 punti percentuali. Una riduzione di oltre 1% in pochi mesi. Cos’è successo di così catastrofico che era invece assolutamente imprevedibile solo sei mesi prima? La recente nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (DEF) divulgata dal ministero dell’economia ritorna su questa stima, rivedendo il dato al ribasso di 0,4 punti percentuali, a -1,7%.

Le previsioni economiche sono sempre da trattare con prudenza in quanto la realtà è (per fortuna) molto più complessa dei modelli matematici che generano le stime. In questo contesto però la frequenza delle rettifiche e l’entità delle stesse fa sorgere il dubbio che i numeri siano il frutto di un’esigenza innanzitutto politica.

Malgrado l’ulteriore taglio alla stima, la nota del governo è accompagnata da un certo ottimismo. Questo emerge chiaramente dal confronto della stima sulla crescita del PIL contenuta nel documento con quelle elaborate da altre istituzioni. Il dato che colpisce maggiormente è che la stima fatta da Banca d’Italia e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) siano più pessimistiche di quelle del governo.

Purtroppo questo relativo ottimismo, in particolare per gli anni a venire, non sembra giustificato. Anche il dato di crescita per l’anno prossimo è stato corretto al ribasso (a 1% dal precedente 1,3%) ma rimane comunque superiore al dato di consenso. La stima di crescita per l’anno prossimo poggia su due pilastri: l’effetto delle riforme e la ripresa dell’attività economica a livello globale. Sul primo tema viene difficile capire a quali riforme si faccia riferimento: sicuramente non all’imposta di bollo o al taglio dell’IMU.

Per quanto riguarda invece la ripresa della crescita economica globale è indubbio che questa avrebbe un impatto positivo anche su quella domestica, ma le stime del FMI non sono sicuramente rosee: i paesi emergenti hanno perso il loro ruolo di motore della crescita, che hanno avuto negli scorsi anni, e i paesi sviluppati affrontano la necessità di ridurre il debito (sia pubblico sia privato).

Che il governo abbia stime di crescita migliori di quelle del FMI è in sé sospetto perché il primo ha un forte incentivo politico ad avere dei dati positivi (o migliori delle aspettative). Un buon dato sulla crescita, infatti, ha forti implicazioni sull’economia nazionale in quanto migliora il profilo del debito/PIL, attira investitori esteri, sia in termini di investimenti diretti che in termini di acquisto di obbligazioni domestiche, stimola investimenti e consumi in quanto influenzati dalle aspettative di crescita e alimenta il consenso politico.

Il balletto sulle cifre ha invece un effetto altamente distruttivo sotto ogni punto di vista, molto più del dato negativo in sé, perché mina la fiducia nel governo da parte di tutti gli agenti coinvolti: i cittadini, l’Europa, i mercati. E ad oggi la mancanza di fiducia nella politica è sicuramente una delle più grandi urgenze sociali ed economiche del paese.

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