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La Fortuna è cieca, ma il Governo no

Il neonato Governo è a caccia di circa €20 miliardi per finanziarie le spese scoperte e le richieste dei partiti. Per l’abolizione e restituzione dell’IMU servono €12 miliardi. Dove trovarli? In parte riducendo i costi dell’apparato statale ed in parte inasprendo il carico fiscale su giochi, lotterie, alcolici e tabacchi – un approccio non degno di un buon padre di famiglia.

di Alessandro Leozappa - 3 Maggio 2013 - 4'

Il neonato Governo è a caccia di circa €20 miliardi per finanziarie le spese scoperte e le richieste dei partiti. Per l’abolizione e restituzione dell’IMU servono €12 miliardi. Dove trovarli? In parte riducendo i costi dell’apparato statale ed in parte inasprendo il carico fiscale su giochi, lotterie, alcolici e tabacchi – un approccio non degno di un buon padre di famiglia.

Il gioco d’azzardo, fisico e online, è talmente pervasivo da essere ormai il terzo settore produttivo italiano con un fatturato annuo in costante aumento. Nel 2012, di €80 miliardi di fatturato (4% del PIL), €13 miliardi sono ritornati allo Stato sotto forma di tasse. L’inasprimento del carico fiscale proposto dai partiti (PDL e M5S) per coprire il rimborso dell’IMU si riverserà probabilmente sui giochi online che, nel 2012, hanno avuto un giro d’affari di €15 miliardi. Di questa somma il fisco ha incassato appena lo 0,6% – c’è quindi ampio spazio di manovra.

Tuttavia, queste manovre che a primo sguardo possono sembrare valide, sono incentrate su una logica di profitto a breve termine, e sono portate avanti da uno Stato con una doppia morale che non sopperisce alla mancanza di entrate in modo costruttivo. Tassare il gioco d’azzardo permette d’incassare subito ingenti somme ma è una strategia sostenibile solo attraverso un incitamento indiretto al gioco – senza giocatori, non ci sarebbero introiti.

Come ha detto Dario Fo in un’intervista a La7: “Lo Stato biscazziere si preoccupa di guadagnare su dei poveri cristi […] incassa miliardi da questo gioco che è incivile e brutale. Quando c’è da raccogliere in modo incivile, contro le regole della società, sono tutti d’accordo.”

Questa nostra Italia, sempre più casinò a cielo aperto, è diventata una Repubblica basata sul rischio ed il gioco invece che sul lavoro. La palude dell’azzardo ci sta facendo affondare e lo Stato non riesce a, o non vuole, intervenire contro una diseconomia che impoverisce. Con oltre 400mila slot machine dislocate sul territorio (una ogni 150 abitanti), una decina di lotterie, e le piattaforme per il gioco online, i giochi d’azzardo di Stato operano a tutti gli effetti da disgregatori sociali.

In uno studio, Libera, associazione contro la mafia, stima che gli italiani sprechino al gioco circa €1.260 a testa, neonati inclusi! Questa ludo mania rovina la società direttamente, mandando sul lastrico intere famiglie (soprattutto tra i meno abbienti) ed, indirettamente, permettendo alla criminalità organizzata (Libera parla di 41 clan “concessionari occulti”) di gestire giri di affari sempre più cospicui.

Fortunatamente ci sono realtà locali che cercano di opporsi: da Monica Pavesi che ha spento le sue slot per salvare i clienti agli interventi dei Comuni tipo Pavia che promuovono le iniziative No-Slot!

Ci auguriamo che, da buon padre di famiglia, il Governo decida di intervenire cercando di proporre manovre incisive che presentino benefici non solo nel breve termine, anche o soprattutto, per l’Italia del domani – quella dei nostri figli. Nel frattempo, una soluzione ce l’abbiamo: evitiamo di giocare ed alimentare queste bische legalizzate. Risparmiamocelo!

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