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Le banche italiane affrontano le conseguenze di Brexit.

In questo periodo la stampa estera sta trattando approfonditamente il problema delle sofferenze delle banche Italiane. Qui di seguito riportiamo un articolo pubblicato in data 5 luglio del The Wall Street Journal che fornisce uno spaccato sui principali fatti che hanno riguardato il mondo bancario italiano anche alla luce del referendum inglese.

di Una finestra sul mondo - 6 Luglio 2016 - 7'

In questi giorni si discute parecchio del problema dei non performing Loansdelle banche italiane. Si tratta di crediti di cui le banche non riescono più a riscuotere nè il capitale nè gli interessi dovuti dai debitori.

In Italia, i non performing Loans (crediti in sofferenza)bancari potrebbero trasformarsi in una crisi a livello Europeo.

Le banche italiane hanno notevoli difficoltà a causa dei non performing Loane questo potrebbe diventare un problema anche per il resto d’Europa. Il 17% dei prestiti delle banche italiane sono rappresentate da sofferenze. Questa percentuale è quasi dieci volte maggiore di quella degli Stati Uniti dove, anche durante i momenti peggiori della crisi del 2008-2009, è arrivata al massimo al 5%. Tra le banche europee, quelle italiane detengono quasi la metà del totale dei crediti in sofferenza. Anni e anni di una politica di credito permissiva ha lasciato le banche italiane impreparate ad affrontare la recessione, che si è tradotta in un numero crescente di casi di bancarotta. Al Monte dei Paschi di Siena, una delle principali banche italiane, le sofferenze hanno raggiunto livelli così elevati che la banca stessa ha creato una nuova unità composta da un team di 700 persone a cui ha assegnato il compito di gestire e liquidare queste sofferenze. Alcune settimane fa, la banca ha messo in vendita questa unità con la speranza che un partner straniero avrebbe accelerato il processo di liquidazione.

Il voto inglese che ha portato all’uscita dall’UE ha peggiorato le tensioni già esistenti sulle banche europee e specialmente su quelle italiane, mettendo a repentaglio la vendita di Monte dei Paschi di Siena. Inoltre, ha anche determinato nuova incertezza in un momento in cui le banche sono in difficoltà a fronte di una crescita economica fiacca e tassi di interesse estremamente bassi o addirittura negativi. Inoltre, dopo Brexit le azioni delle banche europee sono crollate, con quelle italiane particolarmente colpite.

“Brexit potrebbe portare ad una crisi bancaria in piena regola in Italia” ha detto Lorenzo Codogno, ex direttore generale del Tesoro italiano. “Il pericolo di un collasso dell’eurozona è lampante se le preoccupazioni legate a Brexit non saranno immediatamente risolte.”

Le azioni delle banche europee stavano già scendendo prima del referendum britannico e i mercati si sono mostrati impauriti poiché molte banche non hanno riserve di capitale sufficienti. Anche prima del voto, le azioni delle banche avevano valutazioni che evidenziavano una situazione di crisi. A partire dal 23 giugno, l’indice delle banche europee è crollato del 17%, portando le perdite totali al 30% da inizio anno.

La profittabilità delle banche italiane è da sempre tra le peggiori in Europa, schiacciata anche da un eccesso di personale e da troppe filiali, e ciò ha lasciato le banche con troppo poco capitale extra da utilizzare per coprire i prestiti in sofferenza. Oggi i bassi tassi di interessi hanno colpito le banche italiane a causa dell’eccessivo focus su prestiti con bassi margini e troppo poche attività remunerative come asset management e investment banking. Nonostante l’arrivo della crisi economica alla fine del 2008, le banche italiane hanno sorvolato sulla questione dei prestiti che non venivano ripagati in tempo dai debitori. La speranza era che una ripresa economica avrebbe risolto il problema, così dicono i dirigenti delle banche italiane.

La crisi affrontata dalle banche italiane ha seriamente messo alla prova il sistema, adottato dall’UE per gestire le sofferenze delle banche italiane. Il governo italiano ha di recente richiesto il permesso dell’UE per ottenere un’iniezione di capitale pari a 40 miliardi di euro per le banche in modo da stabilizzare il sistema.

Per fare ciò bisognerebbe rompere una regola anti-bailout introdotta nel 2014 che obbliga gli stakeholders (azionisti, obbligazionisti e anche alcuni dei loro depositanti) delle banche in condizioni di stress a pagare una somma di denaro prima di far intervenire denaro pubblico (ossia i contribuenti).

Roma sostiene che rompere questa regola sarebbe soltanto un piccolo prezzo da pagare per erigere un muro di difesa contro il possibile contagio bancario che scaturisce da Brexit. Gli altri membri dell’UE, guidati dalla Germania, hanno rigettato l’idea, promossa dalla Germania, di lasciare Roma esposta ad una crisi bancaria che non mostra alcun segno di placarsi. Quando nel 2014 la BCE ha iniziato a supervisionare le più grandi banche dell’eurozona, la situazione si è ulteriormente complicata. Infatti, a detta dei banchieri, il nuovo supervisore ha imposto condizioni ancora più dure di quelle già esistenti.

Il risultato è che adesso le sofferenze delle banche italiane eccedono i 360 miliardi di euro – il quadruplo dei livelli registrati nel 2008 – e continuano ad aumentare.Le banche cercano di sbarazzarsi delle sofferenze che si sono svalutate maggiormente, con le banche e gli investitori con opinioni molto discostanti in tema di valutazione. Le banche hanno ridotto il prezzo in bilancio dei non performing loandel 44% rispetto al loro valore nominale, ma gli investitori credono che il vero valore sia vicino al 20% e 25% – implicando che altri 40 miliardi di euro di svalutazioni.

Una delle ragioni per le basse valutazioni è l’enorme difficoltà di liquidare i prestiti in sofferenza in Italia.La corte di giustizia italiane impiegano in media otto anni a finalizzare casi di insolvenza. Un quarto dei casi impiegano 12 anni.

Inoltre, in molti casi, il collaterale del prestito (ossia la garanzia) è la casa di famiglia del proprietario dell’attività, o è legato all’attività stessa.

“C’è un bisogno disperato di rendere liquidi i collaterali,” ha detto Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved Credit Management Group. “Adesso, il collaterale resta bloccato in aste e procedure giudiziarie che rendono molto difficile la sua liquidazione.” Il governo italiano ha presentato una serie di soluzioni a partire dallo scorso autunno, ma con poco successo fino ad oggi. Le proposte includono incentivi che incoraggino alla creazione di un mercato di prestiti non performanti, procedure di bancarotta più brevi, e nuove regole che spingano le quattrocento particolari banche cooperative italiane a fondersi.

Un’altra preoccupazione riguarda la maggior pressione sul prezzo delle azioni delle banche italiane che potrebbe portare alcuni clienti delle banche a ritirate i propri depositi. All’inizio di quest’anno, il Monte dei Paschi ha visto ritiri di deposti dopo che il prezzo delle azioni è sceso di più di un quarto in pochi giorni.

Più i loro presti diventano rischiosi, maggiore è il capitale cuscinetto che le banche devono avere contro le perdite. Adesso, “Brexit spingerà inevitabilmente le banche a rinforzare le loro riserve di capitale in modo tale da gestire la volatilità dei mercati e prevenire ulteriormente il danno creato dai prezzi delle loro azioni,” ha detto Riccardo Serrini, amministratore delegato di Prelios Credit Servicing, società di gestione dei crediti in sofferenza.

I mesi a venire promettono di essere tumultuosi per le banche italiane. L’autorità bancaria europea condurrà uno stress test sulle banche per la fine di luglio e potrebbe isolarne alcune che hanno riserve di capitali insufficienti.

Ad agosto, una task force della BCE addetta all’individuazione di prestiti in sofferenza pubblicherà una prima stesura di una guida su come le banche dovrebbero affrontare i problemi. Mentre le linee guida non saranno obbligatorie, i supervisori potranno mettere pressione a chi non le segue.

In una nota recente agli investitori, Codogno ex direttore generale presso il Tesoro italiano, ha scritto: “la situazione potrebbe peggiorare ancora di più prima di migliorare.”

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