Per te, ogni due settimane, una selezione dei migliori articoli del blog.
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Dallo scoppio della crisi, il debito totale globale è cresciuto di 57 mila miliardi di dollari. Questa enorme accumulazione di debito governativo e privato, è stata in parte frutto di una specifica reazione politica alla crisi, ma in parte è anche l’effetto di politiche che incentivano l’assunzione di debito per famiglie e imprese. Questi sussidi pubblici hanno effetti fortemente negativi sull’economia, in quanto portano disuguaglianza, inefficienza e vulnerabilità, anche in Italia.
Uno dei principali fattori che ha esposto l’economia globale alla crisi finanziaria del 2008 e alle sue ricadute in Europa, è stato l’elevato livello di debito privato (soprattutto nel mondo anglosassone) e pubblico (in Europa). All’indomani del picco della crisi diversi tra economisti e politici sottolineavano la necessità impellente di contenere il livello di debito, esploso in seguito ad anni di politiche monetarie e fiscali volte proprio a stimolare il mercato dei mutui e dei prestiti.
L’evoluzione del debito totale si è invece mossa in senso opposto. A livello aggregato la crescita del debito rispetto al prodotto interno lordo (PIL) tra il 2007 e il 2014 è stata pari al 17%. La crescita maggiore ha interessato in particolar modo il debito governativo, cresciuto in rapporto al PIL ad un tasso annuo di oltre il 9%, e seguito dal debito delle imprese. I paesi che hanno visto aumentare maggiormente il proprio indebitamento in rapporto al PIL sono l’Irlanda, Singapore, la Grecia e il Portogallo. Colpisce poi la crescita del rapporto debito/PIL cinese che è stata superiore all’80%. Anche in quei pochi paesi in cui c’è stata una riduzione del debito privato, come in Germania, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti, tale sforzo è stato più che compensato da un aumento del debito pubblico, portando quindi ad una crescita del debito totale.
L’aumento dell’indebitamento è stato in buona parte causato da un forte ricorso alla spesa pubblica, anche per effetto degli stabilizzatori economici, quali sussidi di disoccupazione, ma è anche frutto di una specifica, malsana, impostazione fiscale diffusa in molti paesi sviluppati: l’assunzione di debito da parte di famiglie e imprese è fiscalmente incentivata. Questa scelta, volta in teoria a facilitare l’accesso al credito dei diversi soggetti economici, ha nella pratica forti effetti negativi per l’economia e la società.
Insomma, esiste in molti paesi sviluppati un incentivo pubblico che crea un sistema economico sbilanciato verso la creazione di debito, ponendo così un freno alla crescita e aumentando la vulnerabilità e la disuguaglianza.
Vi sono in questa situazione due enormi paradossi: da un lato appunto quello per cui dalla crisi del debito si è usciti con un debito decisamente più elevato, dall’altro il fatto che i legislatori di molti paesi abbiano scelto di incoraggiare fiscalmente l’assunzione di debito, con tutte le conseguenze di cui sopra, ma nel contempo di tassare l’attività di risparmio e investimento.
Soffermandoci al caso italiano, accanto alla detrazione degli interessi passivi sul mutuo troviamo il recente aumento dell’aliquota sui redditi da capitale o la duplice tassazione dei dividendi. Un sistema fiscale orientato a stimolare la crescita, la corretta efficienza delle risorse nell’economia e un costruire un paese meno vulnerabile dovrebbe invece stimolare la creazione di risparmio e investimento, e non incoraggiare quella di debito.
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