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Quando le banche manipolano i tassi

La Federal Reserve, la banca centrale americana, sta svolgendo un’indagine a carico di alcune banche internazionali sulla manipolazione dei tassi di cambio. Ecco come alcune grandi banche internazionali continuano ad agire al di fuori delle regole, calpestando gli interessi dei piccoli investitori e, soprattutto, mettendo ancora a rischio l’intero sistema finanziario.

di Alessandro Leozappa - 17 Gennaio 2014 - 4'

La Federal Reserve, la banca centrale americana, sta svolgendo un’indagine a carico di alcune banche internazionali sulla manipolazione dei tassi di cambio. Ecco come alcune grandi banche internazionali continuano ad agire al di fuori delle regole, calpestando gli interessi dei piccoli investitori e, soprattutto, mettendo ancora a rischio l’intero sistema finanziario.

Diversi trader di Deutsche Bank, la prima banca tedesca, e della banca statunitense Citigroup sono stati sospesi o licenziati in seguito alle indagini della FED. Sono sospettati di manipolazione del mercato dei tassi di cambio, sfruttando le informazioni privilegiate di cui erano in possesso e coordinandosi con altri trader per l’esecuzione di acquisti e vendite sul mercato delle valute, di entità tali da poter influenzare i tassi di cambio.

La vicenda ricorda molto lo scandalo sulla manipolazione del tasso Libor dello scorso anno che aveva visto implicate alcune delle principali banche internazionali. In questo caso preoccupa però il fatto che il mercato dei cambi è ritenuto uno dei mercati più difficilmente manipolabili del mondo data la sua dimensione: ogni giorno infatti vengono scambiate sul mercato internazionale valute per un ammontare di 5.300 miliardi di dollari, e ci si aspetta che i prezzi (i tassi di cambio) siano quindi determinati dall’incrocio di domanda e offerta, come vorrebbe la teoria economica. Considerando però la struttura del mercato delle valute emerge che le quote controllate da Deutsche Bank e Citigroup si aggirano per entrambe singolarmente intorno al 15%, il che, se non fa del mercato dei cambi un oligopolio, poco ci manca.

Gli istituti coinvolti stanno prendendo le distanze dalle accuse, attribuendo la responsabilità ai singoli trader. Le indagini in corso chiariranno le responsabilità individuali o delle stesse società. Il tema che emerge però è estremamente preoccupante, al di la della singola vicenda. La capacità, e la volontà, di influenzare i mercati ha effetti estremamente negativi per i piccoli investitori. Inoltre, la dimensione di alcuni operatori, assieme a comportamenti non trasparenti e lesivi del mercato, pone una minaccia sistemica perché accentua la concentrazione del rischio in capo ad alcuni soggetti, mettendo a rischio la stabilità del sistema finanziario. Se la distribuzione del rischio nel sistema finanziario è così concentrata su alcuni attori, gli effetti sul sistema finanziario ed economico tutto, in caso di difficoltà di questi istituti sono potenzialmente devastanti.

I contribuenti, in Italia come altrove, sono stati chiamati negli ultimi anni a sostenere le banche per evitarne il fallimento. Tale scelta è stata determinata dalla ferma volontà di evitare il panico sui mercati finanziari, in quanto il fallimento di un importante istituto di credito avrebbe potuto innescare una corsa agli sportelli con costi economici e sociali ingenti. A questa impostazione non è però conseguita un’assunzione di responsabilità da parte delle banche, quelle stesse aiutate dai capitali pubblici, e i troppo frequenti comportamenti non trasparenti e collusivi che sono emersi ne sono la prova.

Se la crisi in cui siamo ancora immersi ci ha insegnato qualcosa è che l’obiettivo della regolamentazione internazionale dovrebbe essere quello di rendere i mercati finanziari più trasparenti per evitare che le parti più opache del sistema diventino la miccia per un’altra crisi. Perché i contribuenti non saranno più disposti a intervenire per salvare quegli istituti di credito che hanno continuato a perseguire i propri interessi, non curanti di qualsiasi regolamentazione, neanche se too big to fail.

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