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Webank in l’imposta di bollo colpisce ancora

Dalle modifiche di dicembre ritenevamo che l’imposta di bollo incombesse un po’ meno minacciosa sul piccolo risparmio, quando Webank, banca online di Banca Popolare di Milano, ha deciso di giocare un brutto tiro ai propri correntisti, cambiando l’applicazione della norma sui propri prodotti retroattivamente.

di Luigi Ripamonti - 11 Marzo 2014 - 5'

Dalle modifiche di dicembre ritenevamo che l’imposta di bollo incombesse un po’ meno minacciosa sul piccolo risparmio, quando Webank, banca online di Banca Popolare di Milano, ha deciso di giocare un brutto tiro ai propri correntisti, cambiando l’applicazione della norma sui propri prodotti retroattivamente.

In data 20 di febbraio Webank ha comunicato ai propri correntisti una revisione della applicazione della norma sull’imposta di bollo sulle linee vincolate. Queste sono uno strumento che dà al correntista Webank la possibilità di vincolare, per un determinato intervallo temporale, parte della propria liquidità sul conto corrente, ricevendo in cambio un interesse più alto che varia, a oggi, tra 1,5 e 2,25%. Le linee vincolate sul conto corrente, proposte da diversi istituti, quali IWBank e Webank, nascono per dare la possibilità di ottenere interessi maggiori, beneficiando della semplicità e del regime fiscale di riguardo tipici dei conti correnti. Gli istituti hanno quindi approfittato della diversa applicazione dell’imposta di bollo tra conti correnti, su cui grava un’imposta annua fissa di 34,2 euro sui c/c con giacenza media superiore a 5.000 euro, e zero per giacenze minori, e gli strumenti finanziari, soggetti ad un’imposta proporzionale che per il 2013 era pari allo 0,15% e con un minimo di 34,2 euro (oggi eliminato dalla Legge di Stabilità). Le linee vincolate in c/c si proponevano quindi come appendici del conto corrente, schivando (o cercando di schivare) il bollo sugli strumenti finanziari che colpisce invece i conti di deposito.

Questa ambiguità viene risolta dall’Agenzia delle Entrate nel maggio 2013 con la circolare n.15/E del 10 maggio 2013 che recita:

“Con riferimento ai depositi in conto corrente, si precisa che l’imposta deve essere applicata, in via autonoma, rispetto a quella applicata in relazione al rapporto di conto corrente, nella misura proporzionale dell’1,5 per mille, per le giacenze che risultano ‘vincolate’, ovvero per le quali il cliente perde la libera disponibilità, fintanto che permane il vincolo.”

Il testo lascia poco spazio alla libera interpretazione, eppure alla circolare non è conseguita nessuna comunicazione ufficiale alla clientela. Anzi, secondo quanto riportato da Plus24 – Il Sole 24 Ore dell’8 marzo e da testimonianze dirette, risulta che, ai clienti che nei mesi successivi, almeno fino all’autunno 2013, chiedevano chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle linee vincolate la banca assicurava che queste rappresentavano un servizio in conto corrente e quindi ai fini dell’imposta di bollo era da considerarsi la giacenza media complessiva tra conto corrente, deposito e linee vincolate.

Dopo mesi di attesa, e di comunicazioni fuorvianti, Webank ha invece deciso di recepire la direttiva dell’agenzia delle entrate, comunicando così lo scorso 20 febbraio che, per l’anno 2013, le linee vincolate in conto corrente sarebbero state oggetto del bollo proporzionale dello 0,15% e comunque nella misura minima di 34,2 euro.

La vicenda appare grottesca sotto diversi punti di vista. Innanzitutto viene meno il basilare principio del chi sbaglia paga. In questo caso a pagare è stato il correntista che ha investito i propri risparmi basandosi su informazioni riportate dalla stessa banca, valutando ovviamente gli interessi offerti al netto della tassazione. Al 27 di febbraio, quando sono stati puntualmente prelevati gli importi relativi all’imposta di bollo, chi avesse utilizzato le linee vincolate per gestire pochi risparmi, approfittando dell’immediatezza e della percepita sicurezza dello strumento, si è visto schiacciato dall’imposta di bollo nella sua forma più opprimente: il minimo di 34,2 euro. A questi piccoli e piccolissimi risparmiatori, il bollo ha probabilmente polverizzato i magri guadagni realizzati sui capitali vincolati. Per chi invece avesse investito capitali ingenti (il massimo vincolabile arriva a un milione di euro) scegliendo questa forma piuttosto che un investimento più redditizio convinto anche dall’imposta di bollo fissa, irrilevante per importi così elevati, si è invece visto recapitare un inaspettato conto a tre zeri. Gli unici che sono riusciti ad evitare il pagamento del bollo sono quei correntisti che hanno chiuso il rapporto con la banca prima del prelievo dell’imposta. Un bel premio di fedeltà per i propri correntisti.

In secondo luogo, mentre la banca fa pagare ai correntisti il conto dei propri grossolani errori, ai nuovi clienti propone diverse offerte allettanti che spaziano da tassi di remunerazione maggiorati sui vincoli a buoni acquisto in una catena di negozi di prodotti informatici. Sembra che la massima per cui il cliente è sacro vada rivista nella forma: il cliente nuovo è sacro, gli altri tanto non si interesseranno.

Nella speranza che la banca faccia marcia indietro il prima possibile, visto che in gioco c’è anche la sua reputazione, è importante che i correntisti colpiti non si rassegnino all’accaduto, perché il tesoro di una banca sono i clienti vecchi quanto i nuovi.

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