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Un sogno chiamato Buoni Fruttiferi Postali?

Buoni Fruttiferi che passione. I Buoni Fruttiferi Postali (BFP) si confermano una delle scelte preferite dai risparmiatori italiani. Nel 2012 il 5,6% delle famiglie deteneva investimenti in Buoni Fruttiferi Postali, e il valore totale di questi ammontava a 213 miliardi di euro. Questo enorme successo è totalmente spiegato dalle caratteristiche del prodotto oppure c’è anche dell’altro?

di Elisabetta Villa - 18 Febbraio 2014 - 5'

Buoni Fruttiferi che passione. I Buoni Fruttiferi Postali (BFP) si confermano una delle scelte preferite dai risparmiatori italiani. Nel 2012 il 5,6% delle famiglie deteneva investimenti in Buoni Fruttiferi Postali, e il valore totale di questi ammontava a 213 miliardi di euro.

Questo enorme successo è totalmente spiegato dalle caratteristiche del prodotto oppure c’è anche dell’altro?

I Buoni Fruttiferi sono associati a un’idea di sicurezza, perché permane negli italiani un senso di fiducia nelle Poste e perché i Buoni godono di garanzie pubbliche, e di semplicità perché i Buoni Fruttiferi dovrebbero essere pensati per rispondere alle esigenze del piccolo risparmiatore.

In particolare, la caratteristica più apprezzata dai risparmiatori è che i Buoni Fruttiferi possono essere restituiti prima della scadenza e si riceve il totale del capitale versato e, in alcuni casi, gli interessi maturati.

I valori che sono associati ai Buoni Fruttiferi sono ancora riscontrabili? E quanto costa la garanzia sul capitale?

Analizzando l’offerta di Buoni Fruttiferi Postali sottoscrivibili ad oggi emerge un fatto: i Buoni Fruttiferi non sono più così semplici come tutti credono. L’offerta di prodotti di risparmio postale ha subito negli anni la stessa sorte toccata a molti prodotti finanziari, vedendo un progressivo complicarsi e allontanandosi dalle più basilari esigenze dei risparmiatori, ossia di avere uno strumento economico ed efficace per preservare il proprio capitale, al netto di tasse e inflazione. L’offerta di BFP invece spazia a seconda dell’orizzonte temporale dell’investimento, della formula a tasso fisso, crescente o variabile, dell’indicizzazione all’inflazione o all’andamento di indici azionari, tanto che la sola scelta del Buono Fruttifero più adatto potrebbe richiedere valutazioni per nulla scontate per la maggioranza dei risparmiatori o l’intervento di un consulente.

I BFP sono emessi e garantiti dalla Cassa Depositi e Prestiti e collocati da Poste italiane. L’origine e la garanzia pubblica, nonché il regime fiscale quasi identico, suggerisce di confrontare i Buoni Fruttiferi con dei titoli di Stato con scadenze paragonabili.

Partiamo considerando i più classici dei Buoni Fruttiferi Postali: gli ordinari. Questi prodotti hanno una durata massima ventennale e offrono rendimenti crescenti nel tempo. Al primo anno si ottiene un rendimento lordo pari allo 0,25%, il secondo anno pari allo 0,5% e a crescere fino al 4,75% dal diciottesimo anno. Nonostante gli ultimi rendimenti appaiano allettanti, confrontando il tasso effettivo annuo con quello di un titolo di Stato sulle scadenza corrispondenti notiamo come il secondo offra un rendimento più generoso. Restando investiti 5 anni il tasso effettivo annuo offerto dal Buono Fruttifero è dell’1,05%, contro il 2,1% di un titolo di Stato (il doppio). Anche tenendo il BFP per più anni la situazione non cambia: sui 10 anni il BFP rende l’1,92% contro il 3,55% del titolo di Stato e sui 20 anni il BFP rende il 3,05% e il titolo governativo il 4,2%.

Una simile considerazione può essere fatta anche per i Buoni Fruttiferi pensati per un orizzonte temporale più breve, come il BFP Diciottomesi, che arriva ad offrire, dopo un anno e sei mesi, un rendimento lordo dello 0,58%, contro lo 0,75% di un titolo governativo su una scadenza simile. Questo significa che investendo in quel BFP potrei avere un rendimento reale negativo, data l’attuale inflazione allo 0,6%. Il confronto con i rendimenti dei titoli pubblici rimane comunque impietoso anche se consideriamo il Buono Fruttifero legato all’inflazione.

Insomma, i Buoni Fruttiferi Postali, emessi e garantiti da una struttura pubblica, offrono rendimenti sistematicamente inferiori ai titoli di Stato, come se le Poste fossero considerate meno rischiose.

Quello che spiega questa differenza di rendimento è solo la possibilità di non essere soggetti alla variazione dei prezzi, perché il capitale investito in Buoni Fruttiferi Postali viene rimborsato in ogni momento per intero. Dietro la bandiera di quest’allettante caratteristica si vendono però, a un pubblico vastissimo, strumenti che falliscono anche il confronto con l’inflazione sulle scadenze brevi e comunque con un titolo di Stato.

Un’altra, convincente, spiegazione dell’enorme diffusione di questi strumenti è la presenza capillare degli uffici postali sul territorio nazionale e il ruolo centrale che questi hanno nella vita finanziaria di molti cittadini, soprattutto per l’universo dei pensionati e nei piccoli centri e nelle zone rurali.

Sembra quasi che le Poste abbiano preso il vizio di tante banche, di approfittare della propria centralità nelle scelte finanziarie dei clienti, per vendere loro prodotti di investimento che fanno più gli interessi del venditore che non del risparmiatore.

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