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Analfabetismo finanziario

Siete in grado di prendervi cura dei vostri risparmi? Sapete valutare le opzioni più adeguate per garantirvi un’entrata periodica quando non lavorerete più? Per cosa scegliete di indebitarvi, e a quali condizioni? In molti paesi, e in Italia in particolare, i cittadini sono impreparati a gestire le proprie finanze. Questo stato di analfabetismo finanziario diffuso ha un forte impatto sia a livello del singolo individuo, sia delle società nel suo complesso. Aspettando una risposta da parte delle istituzioni, i primi artefici del cambiamento dobbiamo essere noi.

di Elisabetta Villa - 19 Novembre 2013 - 5'

Siete in grado di prendervi cura dei vostri risparmi? Sapete valutare le opzioni più adeguate per garantirvi un’entrata periodica quando non lavorerete più? Per cosa scegliete di indebitarvi, e a quali condizioni? In molti paesi, e in Italia in particolare, i cittadini sono impreparati a gestire le proprie finanze. Questo stato di analfabetismo finanziario diffuso ha un forte impatto sia a livello del singolo individuo, sia delle società nel suo complesso. Aspettando una risposta da parte delle istituzioni, i primi artefici del cambiamento dobbiamo essere noi.

Immaginate di avere 100 euro investiti in un conto di deposito che paga un interesse annuo del 2%. Dopo cinque anni, senza aver movimentato il conto, a quanto ammonterà il vostro deposito? 102 euro, di più o di meno?

Immaginate che il tasso di interesse sui vostri risparmi sia dell’1% annuo e l’inflazione corrente al 2%. Dopo un anno, con quei risparmi investiti, sarete in grado di comperare più o meno beni di oggi?

Stabilite se la seguente affermazione è vera o falsa: “comperare azioni di un’unica società solitamente rappresenta un investimento più sicuro che un fondo comune”.

Sapete rispondere a queste tre domande? Sono tratte da un progetto dell’OCSE volto a misurare le conoscenze finanziarie degli stati membri. I risultati, non incoraggianti, per alcuni paesi sono rappresentati nel grafico sottostante, dove le barre rappresentano la percentuale di risposte corrette ad ognuna delle tre domande.

L’Italia si colloca tra i paesi con la quota di risposte positive più bassa. In particolare, la domanda sui tassi di interesse è quella che crea maggiori problemi, con solo il 40% delle risposte corrette (la risposta corretta è più di 102 euro). Anche per le domande su inflazione e diversificazione del rischio gli italiani non sembrano particolarmente preparati.

I cambiamenti della società che stanno avendo luogo negli ultimi decenni pongono il cittadino di fronte alla necessità (e opportunità) di prendere decisioni riguardo alle proprie finanze, anche rispetto a temi della primaria importanza. L’innalzamento della speranza di vita e il rallentamento del tasso di natalità hanno messo sotto pressione la struttura del sistema pensionistico, aprendo la porta a diverse forme di previdenza complementare a cui il cittadino può affidarsi. Il mercato del lavoro richiede un processo di apprendimento lungo e continuo, che può richiedere il ricorso a università e corsi di formazione costosi. I mercati finanziari sono diventati più complessi, ed è aumentata l’offerta di prodotti disponibili tra cui scegliere, tra cui discriminare tra quelli che rispondono o meno agli interessi del risparmiatore. La diffusione del credito al consumo pone le famiglie quotidianamente di fronte a scelte riguardo all’opportunità di indebitarsi per acquistare beni, per cui occorre valutare quali debiti contrarre, a quali condizioni. I risultati dello studio suggeriscono che non siamo attrezzati ad affrontare molte di queste situazioni, che spesso hanno un impatto enorme sul nostro futuro, la nostra formazione, la nostra stabilità economica negli anni.

L’analfabetismo finanziario è un fenomeno diffuso, ma considerarlo solo a livello aggregato fa perdere di vista la gran parte del problema e i danni che crea. Esistono infatti fasce della popolazione soggette ad una particolare impreparazione nella gestione e programmazione delle finanze, nello specifico i giovani, gli anziani, le donne, i redditi più bassi, i migranti. Si configura quindi un processo auto alimentante, dove chi avrebbe maggior bisogno di un’attenta pianificazione finanziaria, non ha le competenze necessarie e rimane preda facile di prodotti di risparmio svantaggiosi, debiti onerosi e gioco d’azzardo.

L’incontro organizzato da OCSE sul tema ha messo in luce l’urgenza per molti stati di promuovere attività di educazione finanziaria per colmare il baratro di competenze in materia. Gli esperti poi si dividono su quale sia il luogo migliore dove promuovere occasioni di formazione. Sicuramente la scuola può ricoprire un ruolo importante, ma ci vorranno evidentemente molti anni per portare avanti questo progetto (in Italia già avviato da una collaborazione tra Banca d’Italia e MIUR). Dalle colonne del New York Times Richard Thaler, economista comportamentale, individua come migliori occasioni di educazione finanziaria quelle fornite al momento, ossia nell’ambito in cui l’individuo si trova nelle condizioni di dover effettuare una scelta rilevante. È importante poter essere esposti a entrambi gli stimoli: un’educazione di base e contenuti che siano di supporto alla bisogna.

Fornire agli individui le competenze adatte a muoversi nella complessità delle scelte che devono compiere è un importante obiettivo per le organizzazioni internazionali e lo stato, perché la situazione attuale si traduce in molte inefficienze e aggrava le disuguaglianze già presenti tra le fasce della popolazione. Tuttavia, fornirsi delle capacità necessarie a compiere passi anche molto importanti per la propria vita dipende in larga parte da ognuno di noi, e nascondersi dietro alla presunta complessità della materia, lasciandosi guidare dal caso o dalla contingenza non è una scelta percorribile.

Se non sono io per me, chi sarà per me? (P. Levi)

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