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Il Fondo Atlante: cos’è, obiettivi e criticità

Il Fondo Atlante è un Fondo di investimento alternativo (Fia) lanciato da Quaestio sgr e destinato a sostenere la ricapitalizzazione delle banche italiane ed a rilevare i crediti in sofferenza degli istituti di credito. Per questo si chiama Atlante, come il titano che reggeva da solo la volta celeste. Un'immagine mitologica che rende bene la difficoltà del compito.

di Lorenzo Saggiorato - 6 Maggio 2016 - 4'

Il Fondo Atlante è un Fondo di investimento alternativo (Fia) lanciato da Quaestio sgr e destinato a sostenere la ricapitalizzazione delle banche italiane ed a rilevare i crediti in sofferenza degli istituti di credito. Per questo si chiama Atlante, come il titano che reggeva da solo la volta celeste. Un’immagine mitologica che rende bene la difficoltà del compito.

Malgrado si tratti di uno strumento gestito da una società privata, occorre dire che la sua creazione è stata coordinata da vicino dal governo italiano e dai principali gruppi finanziari nazionali.

In tutto la dotazione del fondo dovrebbe arrivare a 5-6 miliardi di euro, ma per il momento ammonta a 2 miliardi di euro, elargiti in eguale misura dalle due principali banche italiane: un miliardo di euro da Unicredit ed un altro da Banca Intesa. Altri 500 milioni dovrebbero arrivare da Fondazioni bancarie ed altri istituti ed ulteriori 500 dalla Cassa Depositi e prestiti.

Per quanto riguarda il primo obiettivo, quello della ricapitalizzazione delle banche, il primo banco di prova sarà la ricapitalizzazione della Banca Popolare di Vicenza, che solo tre giorni fa non è stata ammessa alla quotazione di Borsa perché si è ritenuto non esistessero «i presupposti per il regolare funzionamento del mercato» e questo perché l’aumento di capitale previsto fino a 1,75 miliardi di euro si è concluso con adesioni minime dei sottoscrittori, obbligando così il Fondo Atlante ad intervenire esercitando la clausola di sub garanzia che lo renderà azionista –in base agli ultimi accordi –al 99,3% dell’Istituto vicentino.

È stata questa l’ennesima riprova del fatto che le banche italiane sono per i mercati di scarsissimo richiamo, e che pertanto l’emissione di nuove azioni –come in questo caso – potrebbe non bastare e dunque occorreva effettivamente un soggetto in grado di svolgere questa funzione di “ricapitalizzatore” degli istituti in sofferenza.

Ma il problema è che il patrimonio del Fondo Atlante non è infinito e se tutte le volte – a breve vi sarà la ricapitalizzazione di Veneto Banca – l’intervento dovesse essere così massiccio, ben presto Atlante dovrà lasciare cadere il globo terracqueo del sistema bancario italiano. È stato lo stesso Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di vigilanza della Bce, ad ammettere che: «Con un’entità attuale relativamente ridotta il fondo potrà intervenire su un numero ridotto di banche».

Venendo all’altro obiettivo che ha portato alla costituzione del fondo, quello della gestione degli NPL (Non Performing Loans) vale a dire dei crediti deteriorati, cioè i prestiti che le banche hanno difficoltà a riscuotere (stiamo parlando, in Italia, di circa il 20% di tutti i crediti erogati, per una cifra superiore ai 350 miliardi di euro) gli investitori iniziano a nutrire qualche dubbio in merito al fatto che gli interventi legislativi introdotti per facilitare e velocizzare la riscossone dei crediti da parte delle banche – in particolare l’istituto del pegno non possessorio e l’allargamento del patto marciano* – possano davvero sortire gli effetti sperati.

Tuttavia resta un problema grave, che non riesce a dissolvere la diffidenza degli investitori: tutte queste misure non hanno alcuna ricaduta sui crediti inesigibili attualmente in possesso delle banche italiane, ma solo sui crediti futuri.

Atlante, insomma, parte già dovendo sorreggere non solo un mondo pesante, ma due.

*Con il contrato di pegno non possessorio viene fatto un pegno su un bene mobile destinato all’utilizzo di impresa (ad esempio un macchinario che serve alla produzione): se l’imprenditore è inadempiente, la banca ha varie di possibilità di rivalersi su quel bene, dalla vendita del bene alla sua locazione.

L’allargamento del patto marciano prevede invece che, in caso di finanziamento con garanzia di un immobile, le parti possano accordarsi per la cessione del bene, cessione che diventerà efficace solo in caso di inadempienza del debitore. Il valore del bene è definito non “ora per allora” , ma solo dopo l’inadempimento. Vi sono poi diverse norme che accorciano i tempi di esecuzione.

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