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Il settore bancario è disonesto in sé? Un esperimento

Le banche e l’industria finanziaria non godono di grande reputazione. Ancor più nell’ultimo lustro dopo che la crisi finanziaria ha portato alla luce fatti e soprattutto misfatti riconducibili a comportamenti scorretti e ad abusi della fiducia dei clienti.

di Luigi Guiso - 21 Luglio 2015 - 4'

Le banche e l’industria finanziaria non godono di grande reputazione. Ancor più nell’ultimo lustro dopo che la crisi finanziaria ha portato alla luce fatti e soprattutto misfatti riconducibili a comportamenti scorretti e ad abusi della fiducia dei clienti. Ne è risultato un calo senza precedenti nella fiducia verso le banche e un convincimento diffuso che tra le mura che custodiscono i nostri soldi domini una cultura della disonestà e del raggiro dei clienti. Questa visione dei banchieri è stata spesso rafforzata dai media che hanno attribuito scandali e imbrogli al prevalere di norme tenui di moralità nell’industria finanziaria. Dopo lo scandalo Madoff, commentando i comportamenti dell’industria finanziaria in uno dei suoi pungenti articoli sul New York Times, Paul Krugman, poneva la domanda paradossale: «Che cosa differenzia ciò che ha fatto Wall Street dall’affare Madoff? Madoff ha semplicemente saltato alcuni passaggi appropriandosi direttamente dei soldi dei suoi clienti piuttosto che incassare salate commissioni mentre si esponevano gli investitori a rischi che non erano in grado di capire». Ovviamente la cultura che prevale in una organizzazione non è facilmente osservabile per cui è arduo ricondurre i comportamenti osservati a carenza di norme di onestà piuttosto che alla presenza di alcuni disonesti, come capita anche nelle migliori famiglie, ad errori o a distorsioni imputabili ad esempio ad incentivi monetari che provocano effetti collaterali indesiderati. Come fare allora a distinguere se l’imbroglio riflette la disonestà di un impiegato o quella dell’organizzazione per la quale lavora? Un lavoro*di un gruppo di ricercatori svizzeri (la patria delle banche) aiuta a gettare luce su questo. L’idea è tanto brillante quanto semplice. Hanno radunato un gruppo di impiegati di una grande banca internazionale – il prototipo delle banche di cui diffidare perché al centro degli scandali di questi anni (dall’erogazione di mutui subprime a clienti non in grado di sostenerne il peso, alla manipolazione del Libor). Hanno diviso gli impiegati in due gruppi, diciamo A e B (scelti in modo casuale cosi che in media uguali). A quelli assegnati al gruppo A sono state poste delle domande così da riportar alla mente il loro lavoro e la loro funzione in azienda (ad esempio: “Per quale banca lavori?”, “Di cosa ti occupi nella banca?”, etc.). L’idea è che così si “calano” nei loro panni lavorativi e ne mutuano i comportamenti. È un po’ una manipolazione dell’identità che funziona perché le culture scatenano comportamenti automatici. A quelli dell’altro gruppo invece hanno chiesto come passano il tempo libero, le loro attività preferite la sera e nel fine settimana etc. così da ricordare loro le norme che regolano la loro attività fuori dal lavoro. Dopodiché tutti gli impiegati sia del primo che del secondo gruppo hanno partecipato ad una attività dove, comportandosi disonestamente potevano accrescere il loro reddito di 200 euro o guadagnare normalmente comportandosi onestamente. I ricercatori non erano in grado di osservare chi singolarmente si comportava onestamente e chi no, ma erano in grado di stabilire se in media quelli di un gruppo erano più onesti dell’altro. Quello che trovano è istruttivo. I lavoratori cui era stato ricordato il tempo libero si comportavano in media onestamente. Questo di per sé esclude che gli impiegati delle banche siano disonesti in media. Fatto interessante, quelli che sono stati calati nel ruolo di impiegato di banca, si comportano in media in modo disonesto. Questo è coerente con l’idea che l’industria finanziaria è dominata da una cultura aziendale dove la norma è trarre vantaggio a scapito degli altri – ovvero i clienti. Ma rimane la domanda: è questo un tratto specifico delle banche o di qualunque organizzazione? Ebbene, ripetendo lo stesso esperimento su un gruppo di lavoratori di altre organizzazioni trovano che quelli a cui viene ricordato il loro lavoro e il ruolo nella loro azienda non sono dissimili, in termini di onestà, da quelli cui si chiede del loro tempo libero. Sono le banche (se quella da cui provengono gli impiegati dell’esperimento le rappresenta in media) non le organizzazioni in generale ad essere caratterizzate da una problematica cultura d’impresa che indebolisce i comportamenti onesti e favorisce quelli fraudolenti.

*Cohn, Alain, Ernst Fehr and Michel André Maréchal (2014a), “Business culture and dishonesty in the banking industry,” Nature, 516: pp. 86–89

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