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La conoscenza finanziaria salverà i risparmiatori

È molto difficile riuscire a migliorare la qualità delle scelte finanziarie dei risparmiatori se questi non hanno delle nozioni per far di conto. Si può obiettare che questa è una visione esagerata. Dopo tutto per curarci dei malanni non prendiamo lezioni di medicina ma ci affidiamo al medico. Per analogia, si può sostenere, la soluzione è quella di delegare le scelte all’esperto e far decidere lui al posto nostro, sia questo un intermediario o un consulente finanziario. Ma non è esattamente così.

di Luigi Guiso - 4 Settembre 2015 - 5'

È molto difficile riuscire a migliorare la qualità delle scelte finanziarie dei risparmiatori se questi non hanno delle nozioni per far di conto. Si può obiettare che questa è una visione esagerata. Dopo tutto per curarci dei malanni non prendiamo lezioni di medicina ma ci affidiamo al medico. Per analogia, si può sostenere, la soluzione è quella di delegare le scelte all’esperto e far decidere lui al posto nostro, sia questo un intermediario o un consulente finanziario. Ma non è esattamente così.

Mentre è vero che il bisogno di ricorrere al consiglio dell’esperto cresce con il gap di conoscenza, la verifica che chi dà consigli dia consigli sensati e non pro domo sua richiede che il risparmiatore (come pure il malato) abbia un bagaglio di conoscenza minimo che lo mettano in grado di vagliare il consiglio ricevuto (o la diagnosi). Senza questa abilità, paradossalmente anche la qualità della consulenza finanziaria e dei servizi finanziari offerti si impoverisce. Risparmiatori attenti e non sprovveduti sono quelli che cambiano facilmente intermediario o consulente se il servizio offerto non è soddisfacente. Questo stimolo competitivo che proviene da risparmiatori attenti migliora la qualità dell’informazione che intermediari e consulenti distribuiscono, costringendoli a competere anziché riposare sulla comoda rendita derivante dal fronteggiare risparmiatori passivi e dipendenti. Ne beneficia la qualità delle scelte che i risparmiatori compiono. Il punto importante è che migliorare la conoscenza finanziaria, ad esempio investendo in educazione finanziaria, non è utile solo o tanto perché migliora direttamente la qualità delle decisioni del singolo risparmiatore, ma perché migliora la qualità del mercato finanziario. In altre parole, la cultura e la preparazione finanziaria dei risparmiatori sono un ingrediente fondamentale dello sviluppo finanziario.

Paesi con risparmiatori dotati di più elevata preparazione finanziaria, avranno mercati finanziari più sviluppati, più competitivi, più innovativi, maggiormente in grado di offrire servizi utili alla clientela e con comportamenti maggiormente allineati con gli interessi del risparmiatore. Dove tra i risparmiatori prospera l’ignoranza finanziaria, dilaga tra gli intermediari il conflitto di interesse e alligna tra intermediari e dispensatori di consigli l’incentivo a sfruttare l’ignoranza a proprio vantaggio. Per mitigare questa tentazione aumenta la domanda di regolamentazione da parte dei risparmiatori. Ma la regolamentazione non è senza costo: imbriglia il comportamento degli intermediari ma aumenta anche il costo di intermediazione che a sua volta si scarica sul risparmiatore. Una maggior conoscenza finanziaria eviterebbe tutto ciò. Il nostro paese, purtroppo ne difetta assai.

L’Ocse, consapevole dell’importanza della conoscenza finanziaria, ha condotto una indagine sistematica su questo argomento usando il test PISA – lo stesso che viene utilizzato per misurare le conoscenze matematiche o letterarie acquisite a scuola. Ha sottoposto i ragazzi di 15 anni a una serie di test per misurare le loro conoscenze di concetti finanziari e la loro abilità ad applicarli a problemi della vita reale. È il primo tentativo di misurare queste conoscenze nella popolazione dei giovani, ma fornisce un ottimo indicatore delle conoscenze delle popolazioni adulte. I test differiscono per livello di difficoltà, da 1 (semplice) a 5 (complesso). Il grafico mostra il punteggio medio (tra 0 e 100) ottenuto dagli studenti dei vari paesi.

Se il livello di difficoltà è limitato, non ci sono grandi differenze tra paesi: dopotutto la stragrande maggioranza sa dire se si comprano più beni con 100 euro piuttosto che con 10. Ciononostante, in termini relativi l’Italia, anche su queste risposte, occupa una delle ultime posizioni mentre gli studenti cinesi di Shangai svettano, con un punteggio prossimo al massimo conseguibile.

Le differenze diventano più nitide e profonde sul test più difficile – livello 4, come mostra il grafico seguente.

Mentre gli studenti cinesi continuano a essere i più preparati e ottengono un punteggio molto vicino a 80, gli italiani precedono nella graduatoria solo i colombiani, e ottengono un punteggio di solo 17. Se si vuole seriamente migliorare la qualità del mercato finanziario non c’è alternativa a migliorare l’abilità dei suoi utenti finali, che ne sono anche i migliori guardiani: ma, come ogni buon guardiano, hanno bisogno di un’arma. L’arma della conoscenza.

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