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La finanza parla un’altra lingua?

Per gli italiani risparmiare è sempre più difficile, eppure il settore del risparmio gestito in Italia continua ad aggiornare nuovi record di raccolta. A cosa è dovuto questo paradosso?

di Flavio Talarico - 16 Maggio 2014 - 5'

Per gli italiani risparmiare è sempre più difficile, eppure il settore del risparmio gestito in Italia continua ad aggiornare nuovi record di raccolta. A cosa è dovuto questo paradosso?

Il tasso di risparmio lordo delle famiglie italiane è crollato negli ultimi anni, passando dal 21,84% del 1995 a meno del 13% nel 2013. Secondo Goldman Sachs questo tracollo è dovuto a una correlazione di fattori. Da un lato le mutate abitudini di consumo, dall’altro la crisi, che sancendo il ruolo delle famiglie come primo ammortizzatore sociale del Paese, ha cambiato la propensione al risparmio degli italiani. In pratica, l’effetto della caduta del reddito disponibile ha prevalso sulla volontà o sulla possibilità di accrescere il risparmio a fini cautelativi, costringendo molte famiglie italiane, impossibilitate a risparmiare per il futuro, a privilegiare la gestione del presente.

Ciononostante, l’industria del risparmio gestito continua a generare flussi di raccolta positivi. Il 2013 è stato l’anno dei record per il settore, con un flusso positivo netto di oltre 48 mld euro, che ha portato il patrimonio complessivo in gestione a 1.362 mld. E il 2014 non è da meno, visto che nei primi mesi dell’anno si è andato confermando questo miglioramento. La cavalcata, iniziata sul finire del 2012, dell’asset management italiano è stata accompagnata dall’allargamento della forbice tra l’andamento dell’economia reale, ancora in contrazione come testimoniato ieri dall’Istat, e l’economia finanziaria, che continua a giovare della politica monetaria espansiva della Banche centrali a livello globale. Altri fattori che spiegano questa divaricazione è l’evoluzione dei mercati finanziari e il calo dei tassi che hanno portato a un aumento della propensione al rischio e la ricerca di diversificazione nel portafoglio degli investitori.

Ma se per gli italiani è sempre più difficile risparmiare e quindi investire, chi è che continua a pompare benzina nel motore dell’industria del risparmio gestito? Sicuramente il contesto di bassi tassi d’interesse e scarsa redditività dei prestiti bancari rappresenta un sostegno non indifferente al comparto. Da una parte, i risparmiatori sono alla ricerca di rendimenti che compensino il calo della ricchezza, mentre dall’altra, l’abbondanza di liquidità ha fatto venire meno la necessità per gli istituti di credito di far raccolta con strumenti propri come le obbligazioni bancarie, portando le banche a spingere sull’acceleratore dei fondi comuni, con un effetto positivo sulle commissioni raccolte, che vanno per circa il 70% al distributore e dunque a rimpolpare il conto economico degli istituti di credito. Tuttavia, stando ai dati forniti dall’Osservatorio risparmi delle famiglie a cura di GFK e Prometeia, il boom del risparmio gestito non si è accompagnato con un ampliamento della clientela bensì con una riduzione delle famiglie che detengono prodotti amministrati e/o gestiti.

Il successo del risparmio gestito in termini di volumi dunque non deve ingannare. Il settore degli investimenti, continua a non essere allettante per gran parte del suo potenziale mercato. Perché? Certamente gli effetti della crisi giocano un ruolo importante, ma il costante attenuarsi dell’interesse per il mercato è in parte attribuibile ad una modesta capacità dell’offerta finanziaria di parlare la lingua delle persone comuni, che, fino a prova contraria, rappresentano clienti potenziali. Stando ai dati infatti, il revival del comparto appare dovuto, principalmente, a una concentrazione dei collocamenti a quella parte di clientela che possiede maggiori risorse finanziarie o a coloro che già possedevano in portafoglio altri prodotti di risparmio gestito.

L’inclusione di un mercato potenziale molto vasto ma lontano dalle logiche del risparmio gestito è la sfida più importante per il settore, anche più del mantenimento degli attuali trend positivi di raccolta. Ma questo non potrà essere possibile con le logiche tradizionali della proposizione del risparmio gestito. Molti attori continuano a non comprendere l’urgenza di un cambio di passo del settore e continuano a mantenere un approccio conservatore, forte del posizionamento della propria catena distributiva o delle entrate dovute a prodotti impacchettati ad hoc per rappresentare specchietti per allodole di risparmiatori non consapevoli e attratti da false promesse di rendimenti ‘certi’.

Il vero cambiamento che il risparmio gestito italiano è chiamato ad attuare, come sottolineato anche dallo studio di GFK e Prometeia, si sostanzia in termini di linguaggi, nella proposizione, nella consulenza, sia essa di alto profilo che low cost, al fine di formulare proposte e soluzioni in un quadro di comprensibilità e utilità, ovvero ciò che i clienti richiedono.

In prospettiva, dunque, lo sviluppo del mercato dipenderà dalla capacità dell’offerta di stimolare e di offrire prodotti adatti alle diverse fasce di clientela, e passerà in particolare dall’inclusione di risparmiatori con risorse contenute anche attraverso l’uso di nuove tecnologie, come gli smartphone, con l’obiettivo di semplificare l’approccio alla finanza e fare in modo che l’investimento torni a essere considerato un progetto di vita piuttosto che un privilegio di pochi.

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