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L’insostenibile pesantezza del debito pubblico

Il nostro debito pubblico è più sostenibile di quello tedesco ? La risposta è sì e no allo stesso tempo.

di Alberto Foà - 10 Aprile 2013 - 4'

Il nostro debito pubblico è più sostenibile di quello tedesco ? La risposta è sì e no allo stesso tempo.

No, perché la singola famiglia italiana ha una quota di debito pubblico nazionale di competenza più alta della singola famiglia tedesca ma, al contempo, dispone di un reddito netto annuo più basso: se la famiglia italiana dovesse pagare la sua quota di debito pubblico nazionale con il suo reddito netto ci impiegherebbe 2,5 anni, mentre alla famiglia tedesca sarebbe sufficiente poco più di un anno.

, perché la ricchezza delle famiglie italiane è mediamente più elevata di quella delle famiglie tedesche (352.340 in Italia contro 195.200 euro in Germania).

Tuttavia, va fatta qualche precisazione: i dati della Banca d’Italia (Supplemento al Bollettino Statistico N. 65) ci dicono che la ricchezza netta totale delle famiglie italiane alla fine del 2011 ammontava a 8.619 miliardi di euro suddivise fra attività reali (immobili, aziende, terreni, etc…) per 5.027 miliardi, attività finanziarie per 3.541 miliardi e passività finanziarie (debiti) per 900 miliardi di euro; la maggior parte delle “attività reali” è costituita, ovviamente, dalle abitazioni.

La ricchezza netta mediana delle famiglie italiane ammonta a 163.900 euro, il che significa che il 50% delle famiglie possiede un patrimonio inferiore a questo valore; se teniamo conto del fatto che più della metà della ricchezza degli italiani è investita in immobili e – soprattutto, per le famiglie meno abbienti – nella casa di abitazione, possiamo dedurre che la parte di ricchezza liquida per la maggior parte delle famiglie sia ben al di sotto di 82.530 euro (cioè della quota di debito pubblico di competenza di ogni famiglia).

Ricordiamoci anche che la ricchezza è distribuita in modo diseguale ed è concentrata nelle mani di pochi; alla fine del 2010, la percentuale di ricchezza detenuta dal 10% delle famiglie più ricche ammontava al 45,9%, mentre la percentuale di ricchezza detenuta dal 50% delle famiglie più povere ammontava al 9,4%. In altri termini, ai 2,4 milioni di famiglie più ricche fanno capo più di 4.300 miliardi: le famiglie più ricche hanno, cioè, una ricchezza netta media di 1,8 milioni di euro ciascuna; ai 12,2 milioni di famiglie più povere fanno capo 860 miliardi, in media 70.500 euro per famiglia: più della metà delle famiglie italiane ha quindi una quota di debito pubblico di competenza più alta della ricchezza netta.

La conclusione è che non è così semplice rientrare dal debito pubblico prelevando parte della ricchezza delle famiglie.

Un rientro dal debito “tassando” tutte le famiglie italiane per un ammontare pari alla loro quota di debito pubblico di competenza significherebbe lasciare molti senza nulla; anche la strada di fare ricadere l’onere del rientro dal debito solo sul 10% (2,4 milioni) di famiglie più benestanti non è così semplice: azzerare il debito pubblico (2020 miliardi di euro) implicherebbe confiscare la metà della loro ricchezza netta (4.300 miliardi), abbattere il debito pubblico di 1.000 miliardi per portarlo dal 130% al 65% del PIL implicherebbe confiscarne un quarto, con imprevedibili conseguenze anche a livello economico.

La strada più praticabile per rendere il debito pubblico più sostenibile è sempre quella della crescita del reddito; come è oramai palese, per ottenere questo risultato dobbiamo recuperare competitività a livello internazionale perseguendo la strada di una maggiore flessibilità nel mondo del lavoro e delle professioni, l’abbattimento delle posizioni di rendita oligopolistica, una maggiore accessibilità al capitale, miglioramento del livello medio di istruzione, minore peso della tassazione su chi produce, maggiore efficienza dell’amministrazione pubblica.

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