Per te, ogni due settimane, una selezione dei migliori articoli del blog.
Sul risparmio delle famiglie la politica italiana ha sempre fatto cassa facile, sotto diverse forme, tramite patrimoniali più o meno dichiarate. Sembra inserirsi in questa linea di continuità il recente intervento del segretario del PD Renzi, che si dichiara favorevole a un aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. O forse no?
Come orientarsi tra la moltitudine di fondi comuni disponibili sul mercato? Ecco le sette domande che bisogna fare (e farsi) nel scegliere su quale fondo investire.
L’Italia è più corrotta di Montenegro e Ghana. È quanto emerge dall’indice di percezione della corruzione pubblicato da Transparency International. Un campanello di allarme per tutto il Paese perché la corruzione pesa fortemente sulle nostre tasche e rappresenta un grande ostacolo per le potenzialità di ripresa economica.
La fiducia dei consumatori italiani registra questo mese un aumento rispetto alla rilevazione di ottobre, con l’indicatore ISTAT che raggiunge quota 98,3 dal precedente valore di 97,3. Se il dato non può che essere accolto con piacere, dalla rilevazione emergono però diversi elementi che inducono a cautela: i timori sul futuro rimangono forti e in peggioramento così come la percezione della realtà complessiva del paese. Rimane, al massimo, un amaro ottimismo.
Il Fondo Monetario Internazionale spinge per andare maggiormente verso una Dual Income Tax: tassazione bassa e proporzionale sui redditi da capitale e progressiva sui redditi da lavoro. Questa impostazione presenta però il forte rischio di aumentare le disuguaglianze e l’applicazione “all’italiana” non fa ottenere neanche quelli che sarebbero normalmente i benefici.
“Aumenta il rischio di conflitti di interessi con i clienti”. È quanto denuncia CONSOB in merito all’integrazione tra banche e società di gestione del risparmio (SGR) e continua dicendo che “le politiche commerciali delle SGR potrebbero orientarsi all’offerta di fondi che siano appetibili per le reti di vendita anziché volti al soddisfacimento dei bisogni della clientela target”.
Prendersi cura dei propri risparmi è difficile. Molti preferiscono quindi lasciare i soldi sul conto corrente o acquistano titoli di Stato o obbligazioni che propone loro la banca. Ma qualcuno ha il coraggio di rompere lo status quo. Ne parliamo con Alberto Foà, presidente di AcomeA SGR.
Causa mancato accordo politico, lo Stato blocca i pagamenti ai propri dipendenti. Sembra di leggere le cronache nostrane, invece siamo a Washington. Il Congresso degli Stati Uniti ieri ha fallito nel trovare un accordo sull’approvazione del bilancio federale a causa dello stallo politico che vede Camera e Senato in mano a maggioranze di segno opposto.
30 miliardi di euro; sette volte quanto paghiamo per l’imposta di bollo. È quanto non abbiamo ancora speso dei fondi strutturali europei destinati all’Italia per il periodo 2007-2013, pari al 60% dei quasi 50 miliardi disponibili. Si avvicina la scadenza e se questi fondi non verranno assegnati entro la fine dell’anno a progetti in linea con gli obiettivi per cui sono stanziati, andranno persi. In questo periodo, in cui il lavoro, i consumi e il risparmio sono preda facile del fisco, non possiamo concederci questo lusso.
Il risparmio gestito ha visto un aumento delle masse per 6 miliardi di euro durante il mese di luglio. È un’ottima notizia perché suggerisce che gli italiani, nonostante tutto, stanno riuscendo a risparmiare? Non è tutto oro quel che luccica. In un’intervista al Corriere della Sera lo stesso presidente di Assogestioni dice che “in Italia il 25% dei risparmiatori possiede il 75% del risparmio”. Quindi, al di là di rallegrarsi per il dato positivo, la vera domanda che dovrebbe porsi Assogestioni è “perché il mercato del risparmio gestito continua a fare riferimento solo ai grandi risparmiatori”?