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Come difendere i risparmi ai tempi della BRRD, (e cos’è)

Da quest’anno, e ancor di più dall’inizio del 2016, cambia a livello europeo la procedura con cui sono gestite le crisi bancarie. Se un tempo lo Stato, e quindi tutti i contribuenti, si faceva in qualche modo carico delle perdite degli istituti di credito, oggi è stato sancito il criterio per cui i creditori della banca devono essere coinvolti nel salvataggio prima di poter ricorrere a qualsiasi altra forma di finanziamento esterno.

di Anna Schwarz - 15 Dicembre 2015 - 4'

Da quest’anno, e ancor di più dall’inizio del 2016, cambia a livello europeo la procedura con cui sono gestite le crisi bancarie. Se un tempo lo Stato, e quindi tutti i contribuenti, si faceva in qualche modo carico delle perdite degli istituti di credito, oggi è stato sancito il criterio per cui i creditori della banca devono essere coinvolti nel salvataggio prima di poter ricorrere a qualsiasi altra forma di finanziamento esterno. La BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), nota in Italia come Direttiva sulla risoluzione bancaria, è la normativa che ha sancito questo cambiamento di impostazione e sarà recepita interamente da inizio 2016.

Il fallimento di quattro istituti di credito, Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, CariChieti e Cassa di Risparmio di Ferrara, domina da settimane le cronache italiane, e riecheggiano le proteste dei risparmiatori che hanno visto azzerati i loro investimenti in azioni e obbligazioni subordinate di queste banche. Della direttiva e dei dettagli dei salvataggi abbiamo già scritto in maniera estensiva (qui o qui). I recenti accadimenti stanno però provocando una forte inquietudine diffusa che ha portato molti a chiedersi se la propria banca fosse a rischio fallimento e se fossero anche loro a rischio di perdere i risparmi di una vita.

Sicuramente le esperienze dei risparmiatori che hanno perso i loro soldi costituiscono un monito per tutti quanti. Il panico mediatico innescatosi, rischia però di far perdere di vista alcuni semplici accorgimenti che fanno sì che chiunque possa dormire sonni tranquilli. Facciamo quindi il punto della situazione per aiutare un risparmiatore e correntista a gestire i propri risparmi, senza trovarsi in situazioni di cui potrebbe pentirsi.

  1. Non tenere più di 100.000 euro sul conto corrente (a dire il vero, anche ad averne, sarebbe meglio tenerne molto meno in quanto troppa liquidità sul conto ha dei costi spesso trascurati). 100.000 euro è però la soglia entro cui i conti correnti sono protetti dal sistema di garanzia dei depositi.
  2. Diffidare di strumenti finanziari (azioni o obbligazioni di qualsiasi tipo) della propria banca. Per quanto possa sembrare un po’ drastico, evitare questi prodotti è il metodo più efficace per arginare il conflitto di interessi in cui inevitabilmente si trova la banca quando propone ai correntisti strumenti propri. La banca, come qualsiasi impresa, raccoglie capitali emettendo (e collocando) obbligazioni e azioni. È facile che quando un intermediario propone tali strumenti il suo primo interesse sia finanziarsi piuttosto che fornire la migliore consulenza possibile sugli investimenti ai propri correntisti.
  3. Differenziare. Indipendentemente dal fatto che si scelga di seguire o meno il punto 2, è imprescindibile diversificare il proprio investimento. Qualsiasi forma di risparmio è soggetta a un qualche rischio, persino il materasso da cui i soldi potrebbero essere rubati. Bisogna evitare a tutti i costi che un evento imprevisto, un furto o il fallimento di un emittente, abbia un impatto eccessivo sul patrimonio complessivo. Anche un’obbligazione subordinata puotrebbe essere un buon strumento di investimento se inserita nell’ambito di un portafoglio gestito con cura e attenzione alle esigenze del risparmiatore.

Come evitare gli errori e le trappole più comuni quando si gestiscono i propri soldi? Per rispondere a questa domanda, AcomeA ha redatto un manuale di autodifesa in 10 punti. Se più correntisti delle banche fallite avessero osservato quei semplici principi, i disagi registrati sarebbero stati molto più contenuti e non ci troveremmo davanti all’emergenza nazionale che si respira in questi giorni.

 

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