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Investire per la pensione è una cosa da giovani: come fare e a cosa stare attenti

La pensione? E chi la vedrà mai? È questa la risposta che più frequentemente si ottiene toccando il tema, soprattutto parlando con i lavoratori più giovani. Questa brutale constatazione è purtroppo fondata, in quanto la dinamica demografica mette sempre più sotto pressione il sistema pensionistico, ma la conseguenza di questa riflessione è spesso sbagliata perché in molti finiscono per disinteressarsi della propria pensione anziché affrontare la situazione in altro modo.

di Lorenzo Saggiorato - 6 Giugno 2014 - 6'

La pensione? E chi la vedrà mai? È questa la risposta che più frequentemente si ottiene toccando il tema, soprattutto parlando con i lavoratori più giovani. Questa brutale constatazione è purtroppo fondata, in quanto la dinamica demografica mette sempre più sotto pressione il sistema pensionistico, ma la conseguenza di questa riflessione è spesso sbagliata perché in molti finiscono per disinteressarsi della propria pensione anziché affrontare la situazione in altro modo. Abbiamo chiesto a Raffaele Zenti, socio fondatore di Advise Only ed esperto di finanza e gestione dei rischi, nonché autore di diversi articoli sul tema, di fare chiarezza sulla previdenza integrativa, cosa sia e quali opportunità e quali criticità presenti.

Ci può spiegare brevemente cos’è la previdenza integrativa e perché dovrebbe essere importante?

«Partiamo dal “perché”, cioè dalle motivazioni: l’INPS, a causa delle note dinamiche demografiche, non è in grado di assicurare una pensione adeguata ai lavoratori di oggi, specie ai più giovani. Nel futuro di molti quarantenni c’è una pensione a circa 70 anni, con assegni in media assai più magri degli ultimi redditi dichiarati. Va anche peggio se consideriamo i trentenni e i ventenni, specie se lavoratori precari, con una storia contributiva “spezzettata”. In questi casi il rapporto tra pensione INPS e ultimo stipendio può essere intorno al 40%, o anche meno. Francamente, guardo all’INPS come a un gigantesco schema di Ponzi che si sta sgonfiando: i lavoratori di oggi pagano, ma riceveranno ben poco. La demografia di un Paese come l’Italia ha dinamiche piuttosto prevedibili, è spietata e non c’è scampo. La soluzione però c’è, è risparmiare… E la pensione integrativa (o complementare) è una forma di risparmio mirata proprio a integrare la pensione INPS con i proventi degli investimenti nei fondi pensioni (nelle loro varie forme, cioè negoziali, aperti, PIP, o anche nei piani di accumulo individuali). È importante per l’individuo, perché l’idea di una vecchiaia in povertà non piace a nessuno, e per la collettività, perché tanti individui in povertà sono un problema sociale».

I dati recenti suggeriscono che in Italia l’investimento con finalità previdenziali sia molto contenuto rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa, soprattutto per quanto riguarda i giovani che dovrebbero invece essere la categoria più interessata. Come si spiega questo fenomeno?

«Il problema pensionistico è comune a tutte le economie sviluppate, è globale, tuttavia in Italia siamo messi peggio. Penso che il fatto che gli italiani non se ne occupino sia causato da un problema culturale di scarse conoscenze finanziarie. Se ne parla poco anche perché, se il problema fosse presentato in tutta la sua gravità, sarebbe un fattore sociale destabilizzante. Pensare alla pensione pare un’idea da “sfigati”, ma non è così, è essenziale. Un consiglio ai giovani lavoratori: cercate di voler bene a quell’anziana signora o signore che diventerete tra qualche decina d’anni, rinunciate a qualcosa di superfluo oggi e investite per rendere serena la vostra proiezione nel futuro. Probabilmente potrete permettervi comodamente qualche viaggio, una bella abitazione o eventuali cure».

Quali sono i vantaggi di un investimento per la pensione e quali gli aspetti a cui fare attenzione?

«È importante scegliere bene il tipo di investimento in termini di asset allocation: se mancano decine di anni alla pensione, per esempio, è normale che la gran parte del patrimonio sia investito in azioni tramite un portafoglio ben diversificato, che possa nel tempo smussare la volatilità di breve periodo e beneficiare di performance di lungo/lunghissimo periodo legate alla crescita economica e alla produttività – fino ad ora la storia dei mercati finanziari è incoraggiante. È demenziale investire in un comparto garantito, a meno che non manchino 3-5 anni alla pensione. I fondi pensione e i PIP hanno un trattamento fiscale vantaggioso purché abbiano un costo accettabile. È fondamentale, infatti, porre sempre l’attenzione sui costi, sintetizzati per i fondi pensione nell’indicatore sintetico di costo, perché nell’investimento di lungo periodo questi impattano in maniera significativa sul risultato finale. Per fortuna i costi sono pubblici, si leggono nel prospetto d’investimento: non è difficile, ci vuole grosso modo la stessa attenzione profusa nell’acquisto di uno smartphone».

I detrattori del sistema pensionistico complementare sostengono che investire in questi strumenti equivalga a giocarsi la pensione alla roulette, affidandola all’andamento volatile dei mercati finanziari, e che fondi pensione e affini manchino totalmente di trasparenza.

«Sciocchezze. Disinformazione. I fondi pensione (ma anche i fondi comuni e gli ETF, per chi dovesse optare per un “fai da te” con un piano d’accumulo) sono veicoli trasparenti e che tutelano il risparmiatori. Seguono la MIFID, normativa EU severissima. Quanto ai mercati finanziari, nel tempo, generalmente remunerano il rischio. Considerate che dal 1900 al 2013 l’umanità ha sopportato vaste manifestazioni di rischi d’ogni genere: due guerre mondiali, vari conflitti minori (Corea, Vietnam, Afghanistan, ex-Jugoslavia, Iraq, ecc.), pandemie come la Spagnola del 1918 e l’Asiatica del 1957, svariati crash di Borsa (dalla Crisi del 1929 alla Grande Crisi del 2008), numerose recessioni economiche globali, il crollo del regime zarista in Russia, l’avvento del comunismo e infine la dissoluzione del blocco sovietico, vari shock petroliferi e enormi innovazioni tecnologiche (radio, automobile, TV, viaggi aerei, personal computer, internet, ecc.). Eppure, in tutto il mondo in quel periodo sono nate e si sono sviluppate imprese capaci, in aggregato, di generare utili e dividendi, offrendo un rendimento reale (cioè corretto per l’inflazione) medio annuo pari a 5,2%. Analogamente, Stati sovrani e imprese di tutto il mondo si sono indebitati, offrendo obbligazioni con un rendimento reale medio annuo pari a 1,8%. Non siamo sicuri che continuino nel futuro, ma è molto probabile».

Quali sono le alternative disponibili? È immaginabile il “fai da te” della pensione integrativa, cioè investire con l’obiettivo della pensione, senza però affidarsi necessariamente a fondi pensione? Quali accorgimenti bisogna avere?

«Sì, è possibile. Si perdono i vantaggi fiscali, certo, ma si può recuperare optando per prodotti a basso costo commissionale, attuando una politica di investimento regolare nel tempo (PAC). Per esempio, tra un PIP caro, ma con vantaggi fiscali, e un PAC attuato su un fondo con commissioni contenute, personalmente non avrei dubbi: meglio il PAC. Ma, ripeto, occorre fare attenzione ai costi. E poi mantenere una buona regolarità con gli investimenti; nei momenti difficili si può rallentare, ma poi bisogna riprendere. È una maratona del risparmio: vince la regolarità».

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